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Le nude cose. Lettere dallo
Piero Del Giudice
Le nude cose. Lettere dallo "speciale"
Anno: 1983
Pagine: 208
Prezzo: € 10,33
Dimensioni: cm 12,5x19,5
Legatura: brossura

Collana: l'alingua
ISBN: 8877700475

Estratto del libro
Certo che ti dico perché sono qui: reato associativo, "organizzazione di banda armata denominata Prima Linea" – idiozie – su vaghe dichiarazioni di pentiti e su effettive amicizie e su progettualità politiche comuni anni e anni fa, su scissioni di progetti, nel merito politico.
Epperò, sia pure articolando a modo mio, mi sono trovato a riconoscere le circostanze del mio arresto e della mia detenzione come quelle di un "prigioniero politico" ("amicus Plato, sed magis amica veritas").[...]
Non voglio fare della cronaca, né la cronaca della mia giornata qui: ore eguali alle ore; perquisizioni eguali a perquisizioni; celle eguali a celle; immagini televisive eguali a immagini televisive; foto dei pornografici eguali alle foto dei morti; colloqui coi vetri eguali ai vetri delle bare; spazi senza prospettiva e senza passato; luoghi specifici eguali ad altri specifici luoghi; assillo della burocrazia quotidiana e costanza della deterrenza fisica o dei "poli" differenziati come una volta l'Asinara, oggi la sezione speciale di San Vittore, oppure Cuneo rispetto a Fossombrone ecc.; eguale totalità il processo: quello istruttorio – ormai fondato sulla totalità arbitraria, politica dell'inquirente, sulla finalità distruttiva della identità con ogni mezzo – e quello rituale in aula. È un sistema a cui partecipano più o meno tutti, giudici, carcerieri, avvocati e in certa misura i parenti stessi anche se qui altri vincoli insorgono ma in definitiva insufficienti e in maggioranza "istituzionali".


Quarta di copertina
È dal profondo che le notizie nascono, ma esse, sul piano piano dell'osservatore, non compaiono che improvvise. Tu mi hai aiutato a non disperare del possibile e del profondo, visto che tu, privato di ogni orizzonte fisico, continuavi a non disperare. E certo se non si guarda nel profondo, non si ha direzione. Ma è anche vero che il mondo del potere (ed anche l'informazione, anche l'editoria, anche la cultura sono potere) non vuole vedere il profondo, non vuole che sia visto.
(Gianni Baget-Bozzo)

Del Giudice ha riproposto la questione del carcere (una questione che si tende a rimuovere dai pensieri e dai nostri sentimenti) evitando di ricorrere a drammatiche quanto realistiche descrizioni delle sofferenze psicofìsiche che il carcere speciale inferisce in quanto luogo di statalizzazione del dolore e del non senso... La strada che ha scelto Del Giudice è quella dell'evasione dal carcere, un'evasione culturale, s'intende, e quindi anche politica.
(Paolo Calcagno)

Quel che delle tue lettere mi pare prezioso non è il riverbero della sofferenza materiale e morale. Tu ne parli quasi sempre indirettamente e discretamente. Il mondo di oggi, d'altronde, non ha pupille abbastanza forti per fìssarlo. Non è neppure l'indignazione per il corso delle cose, sebbene quella non sia, invece, spenta e si abbia ancora voce per dirla; ma impotente e quasi inutile. No, quel che è più prezioso è la domanda storica che, certo al di là delle intenzioni, esse pongono.
(Franco Fortini)

Siamo talmente in balìa di necessità e tensioni, talmente coatti a incanalarci sulla scia di modelli predisposti, che una voce come questa, misurante a corpo intero sé e gli altri, può davvero portare ragioni irrazionali, le mescolanze nuove di cui abbiamo bisogno: contro la ressa delle frasi inutili, la masnada dei comperati, l'oceano della "tranquillità".
(Giancarlo Majorino)
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