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Il linguaggio dell'
Carlo Finale
Il linguaggio dell'"Unità" 1969-1979. La consacrazione del partito di Stato e le sue matrici ideologiche spiritualistiche
Anno: 1980
Pagine: 246
Prezzo: € 11,88
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: brossura

Collana: l'alingua
ISBN: 8877700548

Estratto del libro
L'universo dell"'Unità" e del suo lettore ci è apparso allora come quell'universo perfetto di PENSIERO-ESSERE raffigurato dall'immaginazione geniale di un Hegel ma, ancor più, dal cronometrico, lucido delirio di quel suo straordinario epigono che è stato Giovanni Gentile. Il mondo-"Unità" è veramente l'atto che si autopone, il pensiero che foggia il proprio oggetto realizzandosi così come vero Soggetto che si trascende continuamente. Questa percezione precisa ricavava tutta la sua forza emotiva dal presentimento di una sicura affinità di funzione fra la scrittura come "Unità" e la scrittura come Bibbia luterana. L'una e l'altra sembrano tendere alla stessa funzione teoretica: porsi al posto di tutto il mondo e considerare qualsiasi atto pratico, qualsiasi pretesa di oggetto come IL MALE o la barbarie.
Che vi fossero, che vi siano, tra il giornale del PCI e la Sacra Scrittura del monaco agostiniano più di quattro secoli di storia era pensiero che non m'inquietava. Semmai m'inquietava l'immagine della Storia quale mi si veniva profilando nella percezione della somiglianza straordinaria, ma tutto sommato ordinaria, fra i due universi di scrittura. La Storia mi si presentava come riassorbimento della società e la sua rappresentazione paradigmatica quella dell'universo monologico di Gentile, fatto soltanto di filosofia come ultima forma della teologia. La Storia secondo "l'Unità", cioè il realizzarsi eternistico dello Spirito e dello Stato come Essere che ha esaurito tutto il proprio essere, era un'ipotesi che mi sospingeva a rileggere IL filosofo del PCI, Gramsci, in una luce diversa. Non Gramsci come militante e teorico della pratica ma Gramsci teorico dello Spirito o, meglio, della Spiritualizzazione della società.

Quarta di copertina
Come è possibile che il PCI, che nel 1969 ribadiva perentoriamente "Via la NATO dall'Italia, via l'ltalia dalla NATO!", nel 1979 dia per ovvia l'appartenenza dell'Italia alla NATO? Che gli studenti, che un decennio fa erano la pupilla del Partito, abbiano finito con l'essere additati troppo di frequente come l'avanguardia della barbarie?
Chi formula questi pesanti interrogativi non tiene conto di una circostanza molto elementare: fatti e comportamenti che in concreto fanno a pugni tra loro non contrastano più quando vengono tradotti nel loro equivalente verbale. E sufficiente materializzarne la coesistenza e l'assurdo cessa.
Una simile materializzazione è "l'Unità", medium di quell'entità illusionistica che è il tempo, in virtù del quale "le cose cambiano". Unica cosa salda in un panorama così effimero può essere la certezza della caducità di ogni cosa e di ogni atteggiamento, o meglio la fede in coloro che sembrano dotati della rara facoltà di cogliere e di predicare puntualmente tale caducità. Poiché in quel prototipo di tutti i giornali che è "l'Unità" possono coesistere contrari in numero illimitato, coloro che li registrano – i copisti dell"'Unità" – assurgono per questo al ruolo di depositari di
una soprannaturale inalterabilità. "L'Unità" è per eccellenza l'Organon di sistematizzazione e di conciliazione spirituale di ogni interesse specifico e di ogni conflittualità materiale che, rispetto al Verbo inconsumabile del Partito, appaiono tanto più unilaterali e trascendibili.
Il linguaggio dell"'Unità" 1969-1979 analizza i meccanismi dell'intellighenzia comunista italiana quale erede più diretta di quel sistema di spiritualizzazione dei bisogni che, nell'arco di due millenni, ha trovato la sua organizzazione gerarchica prima nell'universo ecclesiale cattolico, poi negli strapotenti apparati di repressione ideologica degli Stati moderni, esorcizza tori di streghe e di indicibili terrori da scongiurare freneticamente.
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