I ricordi e l'esperienza di uno scrittore finissimo, trasgressivo, celebrato dalla cultura alternativa
Un libro in cui convivono tre strati esistenziali, tre assi narrativi, tre luoghi che si legano in un collage di opere, un vero carosello di lingue, poesie, brani narrativi... Un romanzo in cui ciò che non può essere visto né toccato prevale sulle immagini e le cose. Un'opera aperta, libera, sfuggente, ricca di contrasti, estrema e ironica come la vita. Perché è impossibile chiudere in una pagina asfittica il vissuto, definirne i confini con rigidità. Questo romanzo fa di Henric un eccellente cantore della vita. Estratto del libro
Fremito d'ali di un primo uccello. Di un secondo. E così seguono gli altri a intervalli regolari. La storia al suo debutto. Così. Serie di aneddoti. Ci si alza ed è la prima volta. Guarda, le ossa, le vene, già. Per la prima volta la sensazione della velocità da un punto qualsiasi. E già una paura. L'aria è rosa. Se apri l'imposta, se è quasi sera. Se è da qui, dominando l'insieme dei tetti. Piani viola e fratture più cupe, brune, color malva. Così in questa posto che devo occupare, uscito da quello che fu il mio letto per questa prima notte, l'aria si muoverà insensibilmente all'altezza delle mie ginocchia. Sono i colombi annidati nelle nicchie dei muri vicini. Macchie d'ocra scuro da cui spiccano il volo a cui ritornano, dopo un tragitto sulle tegole calde, lungo una grondaia, dopo un breve riposo su un'antenna di televisione. Laggiù in basso la pianura, in una bruma luminosa, la cupola di una chiesa, un'altra a destra più lontana. Enfiature bluastre su un verde chiaro. Unico rumore ancora: l'aria perforata davanti a me dai voli ripetuti vaghe masse bianche e beige. Poco più in alto delle mie gambe. Finalmente alzato. Come se finalmente ci si potesse ormeggiare qua o là partendo da quel rumore: un lembo rosa l'aria traforata in ogni senso: mai percepito così il lavoro metallico dell'uccello dentro un volume colorato. Mi sono alzato come per la prima volta. Preso soltanto dalla distanza da superare tra il letto e la porta finestra.
Quarta di copertina
L'Italia. Il mattino. Il rosa delle pietre e del cielo. Il battito d'ali dei colombi. Dopo una notte d'intenso frastuono interiore. Emergendo da una stanchezza tenace e antica. Spossato e tuttavia stranamente dotato di un'energia nuova. Caroselli si apre su questo risveglio, sul come di questa nascita. Uno di questi momenti di acuta lucidità che si provano dopo una depressione, o un abuso di tossici, in cui la storia del mondo e la tua storia singolare ti appaiono all'improvviso tra urti fantastici di forme, colori, suoni, parole. Ai ricordi personali e alle immagini di un intimo crollo si mescolano volti e eventi della storia antica o contemporanea.
Il romanzo, che è insieme autobiografia, saggio, taccuino di viaggio, poesia, racconto storico, diario intimo, è costruito intorno a tre assi: tre viaggi intrapresi a breve distanza di tempo l'uno dall'altro in Grecia, a Gerusalemme e in Italia. Stabilito un legame fra la caduta di uno solo (costante è il riferimento all'affresco della Cacciata dei progenitori di Masaccio) e lo sfascio di tutti, il romanzo costituisce un invito a seguire il filo di una verità – di una crudeltà – che corre di catastrofe in catastrofe.
Ai colori delle pietre e del cielo d'Italia si aggiunge un altro rosa: quello delle braci su cui camminiamo e che a volte, come suggeriva Sade, ci danno un'aria bizzarra come in un ballo.
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