Estratto del libro
Che cos'è lo stalinismo? O, più esattamente, a che cosa rinvia questo concetto così ampiamente usato ai giorni nostri?
Due risposte sono possibili.
O il concetto di stalinismo tocca soltanto la particolare pratica teorica e politica di un determinato personaggio, di un preciso periodo e in un quadro geografico e culturale ben delimitato, e in tal caso non se ne può fare uso fuori di quel contesto ...
Oppure lo si applica a un tipo di pratica teorica e politica che oltrepassa ampiamente sia la personalità particolare di Stalin sia il quadro storico dagli anni trenta agli anni cinquanta sia il preciso caso dell'Unione Sovietica. Date queste premesse, quando sia precisato il contenuto e il campo di applicazione, il concetto diventa uno strumento metodologico utile all'analisi e alla comprensione dei fenomeni ideologici contemporanei.
Precisiamo i due termini del dilemma.
La prima definizione corrisponde a grandi linee a quella esposta da Nikita Krusciov al XX Congresso del Partito comunista sovietico. Lo stalinismo sarebbe soltanto una perversione del leninismo esacerbato dalla deriva mentale di un leader rivoluzionario divenuto tiranno. L'essenziale manifestazione dello stalinismo sarebbe il culto della personalità e il corollario sarebbe la violazione della legalità socialista, cioè quella particolare forma di terrore che consiste nel massacrare i compagni di battaglia per ragioni di convenienza personale; tutto ciò ha le proprie radici nel quadro specifico della costruzione del socialismo in un solo paese. In altri termini, lo stalinismo sarebbe soltanto una parentesi storica cui a rigore non può assimilarsi altro.
Questa restrizione kruscioviana è importante; infatti, se dalla definizione togliamo la specificità relativa allo spazio e al tempo e per esempio consideriamo soltanto il culto della personalità, la deriva mentale del leader e il terrore di massa che si eserciti senza limiti e senza controllo anche contro il proprio gruppo, questa definizione può essere applicata benissimo alla Cina di Mao, alla Corea di Kim Il Sung, all' Albania di Enver Hodja, alla Cambogia di Pol Pot ma anche alla Germania di Hitler, alla repubblica fascista di Salò, all'Iran di Khomeini, all'Etiopia di Mengistu, alla Guinea Equatoriale di Macias e persino all'Irak di Salah Hussein ...
Quarta di copertina
Una minaccia grava in permanenza sulla facoltà di giudicare liberamente, che è la ragione, e sulla capacità di governare ragionevolmente, che è la democrazia. La minaccia assume due forme. L'una chiameremo stalinismo di sinistra, l'altra stalinismo di destra. L'assunto di questo libro sta nella descrizione e nell'analisi della duplice aggressione alla ragione democratica che suscitano sia la perversione della logica liberale sia la perversione della logica socialista.
lo non sono di sinistra perché non credo alle eterne primavere o all'avvento di un sole il cui zenit costituisca l'ultima finalità del progresso umano. Ma non sono di destra perché non credo nemmeno nella necessità di confiscare qualche raggio di quel sole per resistere individualmente all'irriducibile e fatale inverno del mondo. Le stagioni disturbano gli uni perché invitano a sperare in un tempo migliore; disturbano gli altri perché invitano ad accettare come un dato oggettivo che il tempo finirà per guastarsi.
Ci sono oggi in Italia anime buone che, giustamente preoccupate per l'instabilità suscitata da un parlamentarismo talvolta deviante, propugnano un sistema vicino a quello adottato dalla Francia dopo il colpo di stato militare del 13 maggio 1958. Le anime buone questo mio libro si propone di metterle in guardia. Leggendolo constateranno che il sistema presidenziale maggioritario è un fattore d'equilibrio solo apparentemente. Al di là di questa apparenza divide in due il paese, inasprisce un antagonismo bipolare, cancella i margini, sopprime i centri, elimina le sfumature, mette tra parentesi qualsiasi riflessione indipendente, e così favorisce in realtà un clima di guerra fredda civile generalizzata di cui si nutrono avidi i due stalinismi rivali.
(Jean-François Kahn)
Prefazione
Ouverture
Preludio
PRIMA PARTE
Che cos'è lo stalinismo? Riflessioni intorno a un concetto
È stato lo stalinismo a fare Stalin
Uno stile ma non una dottrina
Di sinistra o di destra?
Il terrore è in più
La necessità di un modello ripulsivo
Già Dreyfus
Logica stalinista e dramma algerino
L'arte di fare una zuppa
Il direttore d'orchestra clandestino
Il rifiuto delle autonomie
Ricostruire il puzzle
Di "resistenza" in "pacifìcazione"
I crimini buoni e gli altri
Opprimere in nome della libertà
L'abolizione della morale
Bilancio globalmente positivo contro bilancio globalmente positivo
In principio fu la guerra
Mille e una varietà di stalinismo
Dalle verità parziali alla menzogna generale
"Ne ho bisogno per odiarlo"
Stalinismo non è fascismo
SECONDA PARTE
Applicazione di quanto precede allo studio della politica francese dopo il maggio 1981
La maggioranza? Quale maggioranza?
Il dogmatismo più oltranzista
La sinistra a una svolta
La destra vede rosso
Manipolatori o manipolati?
"Il Presidente deve andarsene!"
"Maggioranza silenziosa" contro "masse popolari"
Il PC è sempre al fronte
Gli intellettuali di sinistra non amano Mauroy
Il potere socialista è legittimo?
Dove si parla di nuovo di "resistenza"
Il vocabolario dei militanti
Via dunque all'''anti-Francia''!
Lo stalinismo è minoritario a destra e a sinistra
Piuttosto Hitler che Léon Blum
Le istituzioni: una macchina per bipolarizzare
TERZA PARTE
Il mondo così come lo parlano gli stalinisti
Come si diventa marionette
La ragione del più semplice
La grande cospirazione contro la Russia
La trama occulta del terrore rosso
La meccanica dell'errore
Le Falkland imbrogliano le carte
QUARTA PARTE
Commento al testo ovvero il discorso stalinista nei suoi vari stati
Dall'ingiustizia all'anatema
Una pedagogia dell'odio
Decadenti e tarati
Tiro incrociato sul riformismo
La linea Màginot del discorso stalinista
Complotto sovietico in Libano
Gli appuntamenti mancati con la Storia
Nessun cambiamento da più di un secolo
Fascista, bolscevico, reazionario, fèllagà per tutta l'eternità
A che cosa serve la cultura?
Intolleranze arcaiche e nuove
Conclusione
Nota dell'autore per l'edizione italiana
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