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Tecnica postmoderna del colpo di stato: magistrati e giornalisti
Arturo Diaconale
Tecnica postmoderna del colpo di stato: magistrati e giornalisti
Anno: 1995
Pagine: 206
Prezzo: € 15,49
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: Brossura

Collana: l'alingua
ISBN: 8877704284

Estratto del libro
Insomma, c'è stata la rivoluzione. Senza spari, senza moti di piazza, senza sangue. Ma rivoluzione a tutti gli effetti che, come un bisturi, ha tagliato a fette il corpo del paese rendendolo, almeno nella sua rappresentanza politica, radicalmente diverso da come era prima.
Visto da lontano il fenomeno appare come un grande processo unitario. Realizzato in prima persona da "singoli giudici coraggiosi". E motivato dai grandi valori della giustizia, della moralità e dell'onestà, cari ai cittadini di tutte le democrazie occidentali avanzate e dirette contro la corruzione, il malaffare e l'arroganza del potere impersonificato dal mondo della politica. Il fenomeno appare talmente unitario da venire definito come la "rivoluzione dei giudici". E da diventare un modello da trasferire in blocco in tutti quei paesi dove la tradizionale rappresentanza politica è o appare in crisi.
[...]
È indispensabile una forte volontà popolare diretta alla punizione esemplare dei corrotti, dei corruttori e dell'intero sistema politico ed economico che ha consentito il decadimento dei costumi. Questa volontà deve attribuire alla categoria dei giudici il ruolo di "angelo sterminatore" di un'apocalisse destinata a sfociare nella catarsi e nella redenzione della società tanto attese.
Ma come si manifesta in una società avanzata la volontà popolare? Chi pensa di potersi rifare a tutti i testi accademici in cui viene rilevato che in una democrazia parlamentare (è quella fissata dalla Costituzione della Repubblica italiana tuttora in vigore) il popolo si esprime attraverso le libere elezioni non ha fatto i conti con il cosiddetto villaggio globale dell'informazione. E, soprattutto, non ha fatto i conti con quella concezione elaborata dalle élite giornalistiche statunitensi di area "liberal" secondo cui, all'interno del villaggio globale, gli organi d'informazione sono i "cani da guardia" della democrazia. Essi, proprio perché custodi dei valori democratici, sostiene la teoria, rappresentano e impersonificano la volontà popolare durante i lunghi intervalli temporali che vanno da una elezione all'altra.
Quarta di copertina
Le tecniche della conquista del potere si sono evolute nel corso del tempo. Nell'Ottocento, la più adottata era quella della furia popolare e delle barricate. Nella prima metà del Novecento, si è passati al colpo di mano sui punti nevralgici del paese da parte di piccoli gruppi di rivoluzionari professionisti. E nell'epoca postmoderna come si conquista il potere? La risposta è nell'esperienza italiana degli anni novanta. In particolare nella vicenda del pool di Mani Pulite. Basta una giusta combinazione tra gruppi di magistrati inquirenti e di giornalisti dei grandi mezzi d'informazione e il gioco è fatto. Cade la Prima Repubblica, si condiziona la nascita della Seconda, si contribuisce a dare vita a un bizzarro "golpe di stato". Senza folle, senza barricate, senza violenza materiale. E, soprattutto, in nome della morale e nel rispetto formale delle leggi.
Ma è esportabile la tecnica postmoderna del colpo di stato che ha consentito la rivoluzione mediatico-giudiziaria all'italiana? E quali antidoti introdurre nel sistema democratico per impedire il ripetersi di fenomeni golpisti sotto l'incalzare del giustizialismo giudiziario e giornalistico? Arturo Diaconale risponde a questi interrogativi fornendo, alla luce di una interpretazione non conformista della storia italiana dell'ultimo trentennio e della parabola del pool guidato da Francesco Saverio Borrelli, indicazioni precise sulle peculiarità del sistema politico e giudiziario italiano e sulle sue prospettive.
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