Amore, ricordo e malinconia nel canto immaginifico dell'ultima rappresentante della triade d'oro della poesia russa femminile Raccolte in questo volume, le liriche di Bella Achmadulina restituiscono alla poesia il suo ruolo di forza creatrice, la sua capacità simbolica di reinventare la realtà attraverso una rete di corrispondenze imprevedibili tra natura e spirito. Nei versi limpidi e ritmati viene enfatizzato il potere simbolico della parola poetica, che amplia il suo significato originario per divenire una forma di realtà tout court, in grado di evocare luoghi, sentimenti, persone. All'ambiente naturale, fonte d'ispirazione, referente simbolico e specchio dei moti dell'anima, risponde l'apertura ai misteriosi territori dell'emozione: l'amore come sentimento pervasivo e vivificante, nonché condizione di mancanza e distacco, destino ineluttabile di incompletezza. In tempi di persecuzioni politiche e censura, la grande poetessa russa invoca libertà di spirito e di parola, caricando la sua poesia di responsabilità etica. Una ricerca costante del ruolo del poeta nella società “del disgelo” sovietico. Incontro e confronto col disagio dello stesso lettore. «Dopo tanto realismo socialista, la poesia torna a essere, grazie anche all'Achmadulina, libera invenzione della mente, della fantasia, del cuore». (Angelo Mundula, "L'Osservatore Romano") Estratto del libro
Il giardino Sono uscita in giardino, il rigoglio lussureggiante però non sta qui ma nella parola "giardino" che riempie l'orecchio, le narici e lo sguardo della beltà delle rose cresciute. La parola è più ampia del luogo: lì si è comodi e liberi, lì la terra fertile adotta come figli gli orfani arbusti che vi crescono. Virgulto d'ignote innovazioni, o parola "giardino", come un giardiniere fai crescere e moltiplichi i tuoi frutti con scintillio e stridor di cesoie. Hanno trovato posto nel tuo libero abbraccio la casa e il destino della famiglia che non c'è, e il fiore bianco-smunto di quella panchina da giardino. Sei più fertile della terra, nutri le radici delle chiome altrui, sei la quercia, la cavità nel tronco, Dubrovskij, la posta dei cuori e delle parole: amore e sanguel. Le fronde tue ombrose sono sempre scure, ma nella calura perché ha chinato il capo turbato l'ombrellino di pizzo innamorato? Non sono forse io, cercatore di un'indolente manina, ad arrossare il mio ginocchio sul pietrisco? Misero giardiniere impertinente, cosa cerco, a chi m'inchino? Se fossi uscita, dove mai sarei andata? È maggio, e il fango è secco. Sono uscita nel vuoto smagrito per leggervi che la vita è passata. Passata! Dov'è andata di corsa? Ha appena sfiorato l'asciutto tormento delle labbra mute: ha detto che tutto è per sempre e che io sono per un attimo. Un attimo in cui non ho visto né me né il giardino. "Sono uscita in giardino", ho scritto. L'ho scritto? Vuoi dire che c'è almeno qualcosa? Sì, ed è stupendo: in giardino senza muovere un passo. Non sono uscita. Ho solo scritto: "Sono uscita in giardino". 1980
"Poesia. Così è scritto sulla copertina del libro. Manca qualcosa? Forse questa breve introduzione, cui ho dedicato tanto inutile e interminabile impegno. Quanto dolore, però! Qual è la causa di tanto dolore per un poeta che deve scrivere l'introduzione al proprio libro? Le finestre della sua casa moscovita sono disposte sulla facciata del palazzo in modo tale che, nell'arco della giornata e senza spostarsi, può seguire il movimento e le variazioni della luna. Forse è la luna la causa di tanto dolore? Forse la sua presenza e la sua influenza - eccola che si accende, arde, si offusca, si spegne... e di nuovo sorge accompagnandosi a una stella... - mentre scrive una nota di consuntivo alla propria vita? Se la parola nella sua libera manifestazione risponde sia pure in parte al significato e al contenuto di questa trama sublunare, è superfluo dire del 'prima', e del 'dopo' si occuperanno altri". (Bella Achmadulina)
Quarta di copertina
Straordinaria rappresentante di una Russia millenaria, Bella Achmadulina è oggi la più grande poetessa di questa immensa regione. Prima di lei, forse solo per ordine cronologico, Anna Achmatova e Marina Cvetaeva. Accanto a lei, per ricordare le battaglie di questo secolo, Josif Brodskij, Evgenij Evtušenko, Aleksandr Kušner.
Introduzione di Bella Achmadulina Quindici ragazzi, ma forse più I sonnambuli Nomi di donne georgiane Mi affascina lo stile d'un tempo Pensavo che tu mi fossi nemico Sulla mia strada, un anno dopo l'altro La motoretta Il distributore di acqua minerale La candela Ci separiamo ed ecco che in quest'attimo Il magnetofono Esorcismo In una casa di vacanza abbandonata Preludio al raffreddore Paesaggio Piccoli aeroplani Crepuscolo Autunno Inverno Notte In memoria di Boris Pasternak La fiaba della Pioggia Brivido Disegno Avventura in una bottega antiquaria Mutismo Qualcos'altro Lezioni di musica Un quarto di secolo fa Elabuga Nota biografica Giuro Inverno al sud. È arrivato lontano Una brutta primavera Non scrivere nella tempesta Pioggia e giardino La notte di san Bartolomeo Quand'anche il malfattore non sia Nevicata Tormenta Ricordo di Jalta Descrizione di una notte S'incontrarono, iniziarono a parlare Sbirciando sul far del mattino Lentezza Un giorno, dondolando sull'orlo La casa e il bosco La invidio, è giovane e magra Fotografia Il romanzo della dacia Ricordo che ero viva La casa Due ghepardi È arrivata. È lì. Ha diciott'anni Amo la scuola di Gnesiny Meraviglioso teatro del verso Viandante Le caratteristiche dell'atelier di un artista Una rosa Alle cinque fa buio, e ancor prima Incominciammo insieme: gli operai, l'inverno e io Il giardino La tua storia è tale che gli uomini Ladyžino Gioia a Tarus Luna fino al mattino Il mattino dopo la luna Il Giorno del 12 marzo La gelosia dello spazio La benevolenza dello spazio La severità dello spazio Luce e nebbia Alba Il penultimo ciliegio selvatico Conosco il segreto di una splendida fioritura La notte in cui cadono le mele La passeggiata Il Giorno di Raffaello Lebedin mio Il giardino-cavaliere La palla dimenticata La farfalla Mosca: la casa in via delle Corse Morte di una civetta La morte del ciliegio selvatico. 1 La morte del ciliegio selvatico. 2 La morte di Francuzov Suono premonitore Alla luna da un geloso Da qui fino in capo al mondo Essere così: lasciatemi Zvëzdkin mi ha detto che è innamorato di me Quanti sono invidiosi di questa piccola Amo indugiare di notte al pensiero Paška Il rumore del silenzio Domenica è giunta. Non sono affatto triste L'ingresso era vietato. Non lo sapevo e sono entrata Quando bene volevo a Boris! La notte del 6 giugno Mezzanotte in punto, e la notte sta fra i rinnegati Illudendosi dell'immortalità dell'anima Muro La mostruosa e trasparente stazione climatica La casa con la torre Il gesto della rosa Litorale La scogliera Questa riva è delirio di due albe che s'azzuffano Ovunque rocce, fiordi, da cui le creature Il confine dei ghiacci estivi lapponi non è lontano Il 6 giugno Io sono solo il piede della mia montagna Non è per dimenticare qualcosa Mi è dato un giugno freddo e spazioso Forse perché il mughetto è ingiallito È ora, addio, mia roccia Notturno Il buio è nell'assenza, nella disgrazia Il ciliegio selvatico delle notti bianche Lillà, lillà, se non fosse finita male Solo giugno ha scaldato le acque di Sortavala Entrai nel lilla, nel covo e nel grembo Qui lo spazio non è mai gioioso − Cos'è, cos'è? −. Dormi, è l'arsura nella fronte L'albero di Natale nel corridoio d'ospedale Vado in giro per la robusta primavera Echi di stampa
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26/03/2011 - Liberal-Mobydick
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01/12/2010 - Il Sole 24 Ore
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01/12/2010 - Il Gazzettino di Udine
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01/12/2010 - il Giornale
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01/12/2010 - La Stampa
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22/04/2010 - Giornale di Brescia
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05/04/2008 - L'Unione sarda
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01/01/2008 - Poesia
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06/09/2006 - Avvenire
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07/08/1998 - Secolo d'Italia
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01/08/1998 - Leggere Donna
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25/06/1998 - La Voce di Mantova
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09/05/1998 - Il Gazzettino
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