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La funzione ideologica delle teorie della conoscenza
Felice Accame
La funzione ideologica delle teorie della conoscenza
Anno: 2002
Pagine: 168
Prezzo: € 20,00
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: Cartonato con sovraccoperta

Collana: l'alingua
ISBN: 9788877706089

Estratto del libro
Vaccarino taccia di realismo "ogni soluzione che assume come primari i dati 'fisici'", o più estesamente ogni soluzione che implichi una "datità". Fa notare che la modernità rifiuta quel "realismo ingenuo" che prevede "una 'realtà' precostituita al nostro operare" dove "sarebbero ubicate esattamente quelle cose che vediamo, tocchiamo, ecc." e che, oggi, perlopiù ci si affida a un "realismo critico" che prevede la ricerca di altre entità – sostitutive delle cose così come le categorizziamo – cui attribuire il ruolo della primarietà. [...]
L'opera di manutenzione del realismo sarebbe resa necessaria dalla considerazione di alcuni risultati delle scienze. Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz, per esempio, nel secolo scorso, ha dimostrato che "i nervi sensori non trasmettono affatto informazioni dirette sugli oggetti esterni" e che, di conseguenza, si può affermare soltanto che questi nervi sono stati "stimolati", che "lo stesso stimolo su nervi diversi produce sensazioni diverse", che "stimoli diversi sullo stesso nervo producono la stessa sensazione" e, infine, che "oltre a stimoli esterni influiscono anche fattori interni". [...]
Questa spiegazione "mediante modelli selettivi", infatti, secondo Stanzione, farebbe "volentieri a meno del raddoppio conoscitivo" inteso come "epistemologia dell'adaequatio tra rappresentazione e ipotetico 'oggetto della rappresentazione', ma "non può rinunciare all'idea di realtà". Questa, ormai ridotta a parente povera della celebrata precedente, non verrebbe più "formulata in termini speculativi e con pretese fondative, bensì ripresa dalle 'ontologie provvisorie' utilizzate dalle scienze" – ontologie contraddittoriamente "costruite" e, come coscritti di una leva particolarmente sfortunata, "sempre rivedibili". Non a caso, dunque, Edelman conclude che "noi dobbiamo adottare una concezione più modesta della solidità e completezza di ciò che possiamo conoscere". Con il che si constata quanto il confine fra punti di vista che la storia della filosofia spesso spaccia per opposti – come realismo e scetticismo, in questo caso – sia invece molto fragile.
Quarta di copertina
Questo saggio affronta l'analisi storica e logica delle problematiche che investono il dibattito epistemologico, partendo dalla constatazione che, fin dall'epoca classica, i filosofi hanno denunciato un "errore" della filosofia che li aveva preceduti, un "errore" sempre in rapporto alla conoscenza.
Come ha inteso l'uomo la conoscenza? È vero che i concetti corrispondono sempre a una realtà oggettiva e che gli oggetti del reale esistono indipendentemente dalle loro relazioni? Quali sono le modalità operative della conoscenza? È possibile riprodurre queste modalità nella costruzione di intelligenze artificiali?
Questo saggio è uno strumento prezioso per capire il fondamento teorico di molte discipline (scientifiche e no) che, attraverso le ipotesi elaborate per spiegare le modalità della conoscenza, hanno teorizzato (e talvolta realizzato) applicazioni di avanguardia nella tecnologia, nella scienza, nella matematica, nella speculazione teorica.
Nel libro, l'Autore compie una riflessione sul carattere ideologico della conoscenza e spiega anche perché alcune scoperte e invenzioni vengano subito "accettate" dalla società, mentre altre – come la teoria eliocentrica di Aristarco di Samo, i modelli cibernetici di Ctesibio, i movimenti di Mercurio prima della relatività einsteiniana, l'inconscio di Freud e la stessa metodologia operativa – vengano relegate, per secoli, in una sorta di lista d'attesa.
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