Estratto del libro
Una nazione è una grande solidarietà costituita dal sentimento dei sacrifici che si sono fatti e di quelli che si è disposti a fare ancora. Presuppone un passato; si riassume tuttavia nel presente tramite un fatto tangibile: il consenso, il desiderio chiaramente espresso di continuare la vita comune. L'esistenza di una nazione è (consentitemi la metafora) un plebiscito di tutti i giorni, come l'esistenza di un individuo è un'affermazione perpetua di vita [ ... ]. L'uomo non è schiavo né della sua razza né della sua religione né del corso dei fiumi e nemmeno della direzione delle catene montuose. Una grande aggregazione di uomini, sana di mente e calda di cuore, crea una coscienza morale che si chiama nazione".
Così si esprimeva Renan, all'indomani della disfatta del 1871 e in risposta agli storici tedeschi che, in nome di una teoria etnica della nazione, proclamavano la germanicità dell'Alsazia proprio mentre i suoi appartenenti si dichiaravano francesi. Sopravvivendo al contesto polemico che l'aveva fatta nascere, la messa a punto di Renan è apparsa sino ai nostri giorni la miglior definizione francese della nazione e la miglior definizione della nazione francese. Questa definizione è ancora valida?
Quarta di copertina
La nostra questione non è più come al tempo di Renan "Che cos'è una nazione?" ma "Che cos'è la Francia e che cosa deve diventare: ancora una nazione o una società decisamente postnazionale?". Nel momento della mondializzazione, ossia di un immenso capovolgimento tecnico, economico e demografico, in quale comunità occorre che gli uomini vivano? In una patria carnale? In una Francia sbarazzata dalle francesità? In uno spazio polimorfo, senza identità assegnabile? Per accogliere degnamente l'Altro, conviene svuotare o perpetuare il sé di casa propria? La risposta a tali questioni fondamentali, se risposta c'è, può nascere solo dallo scambio, dalla disputatio, dal confronto dei punti di vista. Siamo all'incrocio di due strade: il compito che incombe su di noi non è dire ma scegliere ciò che siamo, finché c'è tempo, con piena cognizione di causa.
(Alain Finkielkraut)
Alain Finkielkraut intervista: Stephen Smith, Françoise Vergès, Pascal Blanchard, Jeanne-Pierre Obin, Hakim El Karoui, Michèle Tribalat, Maurice Agulhon, Lionel Jospin, Daniel Bensaïd, Philippe Raynaud, Jean-Marc Ferry, Pierre Manent, Paul-Marie Côuteaux, Nicolas Tenzer, Christophe Barbier, Hubert Védrine, François Furet, Jacques Le Goff, Pierre Nora, Paul Thibaud, Marie-Claude Blais, Marcel Rémond, Zeev Sternhell, Pierre Jourde, Richard Millet, Claude Habib, Mona Ozouf. Echi di stampa
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