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La rivista
 
La sfida di Peano
Zoom della copertina
La sfida di Peano
gennaio 1980
anno I, n°1
221 pagine, € 15,49


Estratto

Lacan enuncia le tre dimensioni della parola con una tema strutturalmente simile a quella delle idee primitive di Peano. Attraverso le successive stesure degli assiomi dell'aritmetica, dai Principiaai Fondamenti, Peano punta a ridurre al numero minimo gli "indefinibili" del suo sistema e nel Formulario propone di chiamare questi indefinibili con i nomi di "numero", "zero" e "successivo di".
Trova così che un nome proprio non è riducibile a meno di tre termini, nomi comuni di per sé vuoti di senso che non significano niente.
La questione del nome proprio fa il suo ingresso nella logica con Frege, per il quale nome proprio è ciò che satura la funzione costituendo al tempo stesso un nuovo nome proprio. Con questa nozione egli introduce la funzione come vuota, vuota nel nome, assumendo tuttavia l'esistenza di un nome come proprio, ossia atto a soddisfare la funzione. Questa viene comunque posta in relazione con il nome, e l'esistenza impossibile del nome nella sua radicale enunciazione di improprietà trascina il concetto di funzione verso l'equivoco. Questo concetto di funzione, o meglio questo nome di funzione, segna il debutto di una delle due assiomatizzazioni da cui prende avvio la moderna logica simbolica, e verrà subito abbandonato con la ripresa di Russell che trova modo di riproporre una funzione piena al prezzo di una tipizzazione degli insiemi.

Quarta di copertina

Qual è il campo della parola? Quello in cui il numero è impossibile dalla struttura degli elementi. Solo se postulato come numero naturale lo zero introduce la successione nella serie. I cinque assiomi di Peano lo dimostrano. E dimostrano pure che l'esistenza dello zero pone in discussione il concetto di natura del numero implicando nella serie una contronatura per il nome che funziona a legarla, a legare la serie, dunque divergente.
Tra l'uno e lo zero, tra il significante e il nome, tra la funzione di significante e la funzione di nome, l'intervallo.
La doppia articolazione che verte simultaneamente sul punto e sul bordo, sull'operatore e sulla funzione, è attraversata da questo intervallo.
La filosofia ha orrore della matematica per l'instaurazione della cifra che essa definisce mortale. La cifra è infatti inordinabile: è quel che scombina le macchinazioni di Amleto che programma la strage in nome del cadavere, per una risoluzione della rivendicazione in vendetta.
Anziché fare del logico un legislatore, l'arbitrarietà indica che la definizione si struttura nel lapsus. Pur valendosi del noto, come scrive Peano, pur giovandosi, il logico, di ciò di cui dispone, ossia dei significanti, di ciò di cui vive, ossia i fantasmi.
L'indagine intorno alla sintassi nella logica matematica non pone forse la questione del godimento? Perché i matematici, dacché il mondo non è il mondo, si arrovellano incessantemente e ripetutamente per qualcosa che sanno non avrà nessuna applicazione, se nella matematica non pone forse la questione del godimento?
La filosofia, poi la logica matematica, non si è scostata dall'inseguire, come nota Platone, il numero nella sua coerenza? Quel che sostiene questo inseguimento non è tanto il numero quanto il suo fantasma. Così Peano non riprende la questione nei termini dell'insieme di unità o dell'aggregato di unità di cui parla Leonardo Peano. Peano riprende la questione dell'uno e dello zero e del loro intervallo.
Echi di stampa