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L'amore della lingua
Jean-Claude Milner
L'amore della lingua
Anno: 1980
Pagine: 132
Prezzo: € 10,33
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: brossura

Collana: l'alingua
ISBN: 8877700998

Estratto del libro
Nostro oggetto sarà la linguistica in quanto la sfiora la possibilità della psicanalisi. Il titolo che abbiamo scelto ha una chiave semplicissima che consiste nella congiunzione dei termini correnti presi alla lettera. Che cosa deve essere la lingua perché possa essere indicata sia come oggetto di scienza sia come oggetto d'amore?
A questo proposito avanziamo tre tesi:
- quando si dice "amare la lingua" si tratta propriamente di un certo amore;
- quella lingua è per la linguistica fonte di conoscenza;
- attraverso questo intreccio si può scoprire il punto in cui il desiderio corrompe una scienza umana, si può scoprire, a badarci bene, il punto in cui un rapporto intelligibile si annoda con una possibile teoria del desiderio.
L'interrogativo è questo: che cos'è la lingua se esiste la psicanalisi?
Ma quando diciamo lingua evochiamo ancora una volta la serie lingua, parola, linguaggio, così come ce la propone in questo caso la lingua italiana e ce la impone la tradizione. Eviteremo gli effetti di oscillamento, facilmente constatabili in letteratura, solo se per questo insieme determineremo un punto da cui si possa partire per costruirlo. Di fatto a questa serie, come a qualsiasi altra, conferirà la sua logica il termine che esorbita dalla serie e che la serie tende a obliterare: la denominazione di questo termine è un espediente, lalingua, attraverso cui – ma è un unico movimento – c'è lingua (ovvero esseri che si possono definire parlanti, ed è la stessa cosa) e c'è inconscio.
Si consideri dunque lalingua; il linguaggio, che designa le elucubrazioni del sapere, riguarda lalingua e tocca segnatamente la sua esistenza. Quindi il concetto di linguaggio consiste interamente nell'interrogativo "Perché c'è lalingua anziché niente?". Cioè, il linguaggio non è altro che lalingua presa nel bivio della propria esistenza o della propria inesistenza: un sapere che passa attraverso l'assenza fantasmata del proprio oggetto. Del resto, è questo il motivo per cui il linguaggio ha sempre a che vedere con le ipotesi sull'origine; infatti l'origine è l'immagine mobile di quell'immobile bivio, la forma narrativa in cui si articolano e si avvicendano l'assenza e la presenza.
Quarta di copertina
Il materiale della lingua vale tanto che alcuni consacrano al suo maneggiamento – artistico o scientifico – un corpo di pratiche regolamentate. Come ignorare il loro successo e il fatto che li ha elevati al rango di esperti? Del resto, niente può sostenere la loro ricerca se non un godimento, geloso segreto della loro qualifica. Studiare nel modo più preciso questo godimento vale a riferirlo a quel che lo struttura, a un certo modo di annodare il desiderio con la lingua. Ma è quanto basta a introdurre una complicazione: cosa dev'essere la lingua perché possa annodarvici un desiderio? Nient'altro, in ultima istanza, se non quel che l'orientamento analitico attesta: la lingua, concetto descrittivo, oggettivo e formale, è un aspetto della sostanza impossibile attraverso la quale, soltanto, un essere può definirsi parlante, esattamente nel movimento in cui si rivela desiderante.
Il discorso analitico chiama questa sostanza lalingua. Grammatici e linguisti si definiscono per il fatto che affrontano gli effetti di reale della lingua; obliterando incessantemente la sua esistenza si qualificano nell'ordine del sapere: rinvio indefinito che struttura l'istante di un godimento; battito in cui l'essere parlante può simultaneamente dedursi esperto nella lingua, e in cui del resto l'esperto deve riconoscersi parlante
(Jean‑Claude Milner)
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