I terrori o i piaceri erotici adolescenziali, tratti dalla pittoresca cronaca del clan familiare
Tra romanzo e autobiografia, Robbe‑Grillet ci parla della sua vita, del suo passato sempre con lo stile peculiare che l'ha reso celebre esponente del nouveau romance. In "Lo specchio che ritorna" abbiamo il piacere di assaporare la sua prosa asciutta, il suo stile neutro applicato all'autobiografia; possiamo insomma accostarci allo scrittore che narra di sé stesso. Un piacere da cui siamo rimasti troppo a lungo privi. Estratto del libro
Se ho buona memoria, ho incominciato la scrittura del presente libro verso la fine dell'anno '76 o all'inizio del '77, e cioè alcuni mesi dopo la pubblicazione di Topologia di una città fantasma. Eccoci poi all'autunno dell'83 senza che il lavoro sia avanzato di molto (una quarantina di pagine manoscritte), continuamente abbandonato per compiti che mi sembrano più urgenti.
Quarta di copertina
Un romanzo? Un'autobiografia? Il linguaggio del romanzo, si sa, non è quello che lo scrittore usa nel quotidiano. E siccome qui è l'uomo Robbe‑Grillet a parlare (di sé romanziere, di sé bambino), la sua scrittura sembrerà meno austera di quella a cui ci ha abituati. Ma la tessitura avventurosa dei frammenti rubati ai territori o ai piaceri erotici del ragazzino, tratti dalla pittoresca cronaca del clan familiare, lasciati dagli anni della guerra o dell'orrore nazista, tutto l'intreccio di piccole cose, di pacata iconografia, di lacune e di eventi smisurati condurrà il lettore, a sua insaputa, a identificare il funzionamento incerto di un'esistenza in quello di tutta la letteratura moderna.
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