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Ad infinitum... Il fantasma nella macchina di Turing. Togliere Dio dalla matematica e rimetterci il corpo. Saggio di semiotica corporea
Brian Rotman
Ad infinitum... Il fantasma nella macchina di Turing. Togliere Dio dalla matematica e rimetterci il corpo. Saggio di semiotica corporea
Anno: 2000
Pagine: 232
Prezzo: € 18,08
Dimensioni: cm 14,5x21,5
Legatura: Cartonato con sovraccoperta

Collana: l'alingua
ISBN: 9788877705532

Estratto del libro
Lungo l'arco del pensiero occidentale, l'infinito è stato, com'è noto, un'idea fastidiosa, difficile da puntualizzare, colma di paradosso e, in qualche modo, apparentemente connessa con il divino. Ma quali che siano le sue contraddizioni e le sue oscurità teologiche, l'infinito in matematica, come fenomeno e come effetto, non è né difficile da puntualizzare né difficile da fornire. Lo incontriamo immediatamente in situazioni elementari, quando, per esempio, tentiamo di dividere un numero per zero o di calcolare la tangente di 90° o di esprimere la frazione 1/3 in decimali, oppure, fondamentalmente, quando scriviamo l'ideogramma "..." di continuazione matematica, per segnalare che la progressione dei numeri interi 1, 2, 3, ... va continuata a non finire. [...]
La matematica parte dai numeri interi. L'intero suo formalismo si apre con la sequenza 1, 2, 3, ... che i matematici chiamano numeri "naturali". La questione può quindi venire specificata: che cosa significa dire, di questi numeri, che sono infiniti, che formano una progressione senza fine? In che senso sono naturali, vale a dire anteriori, indipendenti e fuori di noi? Precisamente questa questione fa da cornice al presente saggio. [...]
Ma vedremo che essere pensato, in matematica, è sempre intrecciato e inseparabile da essere scritto. Non ci si presenta mai la pura idea d'infinito in quanto tale. Come potrebbe? Incontriamo invece soltanto certe iscrizioni matematiche che, a loro volta, sono connesse a altre iscrizioni, attraverso un'espansione di senso e d'interpretazione complessa e aperta. In matematica, pensare avviene sempre attraverso, per mezzo, in relazione alla manipolazione di iscrizioni. La matematica è, al tempo stesso, un gioco d'immaginazione e un discorso di simboli scritti. Non dovremmo, allora, porre la questione dell'infinito matematico come una questione di linguaggio, come parte di uno studio complessivo della natura e della pratica dei segni matematici – come parte, cioè, di una semiotica della matematica?
Quarta di copertina
Questo libro incomincia dove termina il mio saggio precedente sui segni matematici, Semiotica dello zero. In quel testo, dopo avere dato la caccia allo zero e ai segni simili allo zero, smisi d'inseguirlo di fronte alla sua presenza nel formalismo binario della logica di Boole, che governa il computer contemporaneo.
Qui, non presento un'ulteriore caccia allo zero, bensì un inseguimento dell'infinito. E tuttavia, l'intimità storica e concettuale dell'accoppiamento fra i due rende qualsiasi spiegazione dell'infinito matematico un supplemento di quella dello zero.
Ma questo saggio non vuole essere neanche una critica filosofica del sistema metafisico, di quel platonismo rampante che si fa strada attraverso l'odierna interpretazione della matematica [...]. È, piuttosto, una critica del principio metafisico, assai più sottile (o subdolo), che permea l'intero argomento, il principio della continuazione ad infinitum, inseparabile dal fatto che la comunità matematica accetti in blocco la tesi che i numeri siano "naturali" e non si chieda da dove possano venire questi numeri. Da questo fiasco della comunità matematica proviene la sua incapacità di domandarsi che cosa sia l'infinito e come dobbiamo pensarlo.
In questo saggio, io propongo un modello semiotico della matematica e leggo i segni matematici nei termini di una pratica di scrittura, una faccenda di manipolazione di iscrizioni che caratterizza il pensiero matematico come una specie di sogno a occhi aperti. [...]. Ed è proprio il modello semiotico a permetterci di togliere di mezzo il platonismo come offuscamento teologico del "numero".
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