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Non č vero ma ci credo. Immagini, simulacri, inganni
Paolo Pillitteri
Non č vero ma ci credo. Immagini, simulacri, inganni
Anno: 2009
Pagine: 420
Prezzo: € 20,00
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: brossura con alette

Collana: l'alingua
ISBN: 9788877708755

Quando foto e cinema, considerati prove di fatti e storie, risultano una messa in scena e, a volte, un inganno

Echi dal web
Non è vero ma ci credo, il nuovo libro di Paolo Pillitteri (dal sito "www.voceditalia.it")
Opnioni: TV stampa e Web di Vittorio Feltri, Fedele Confalonieri, Paolo Pillitteri, Davide Mengacci (da tecnologopercaso.com)
Non è vero ma ci credo (recensione da "Mangialibri.com")

Estratto del libro
... la capacità dialettica di Pillitteri, la sua cultura e il suo background di critico cinematografico e di politico, lo portano a non fermarsi alla mera enunciazione dei falsi e delle manipolazioni, ma lo spingono a trarne anche conseguenze commentative di carattere sociopolitico dalle quali si può dissentire [...] ma quello che potrebbe sembrare un "limite", un difetto del suo discorso, ne è in effetti un pregio, poiché, con l'esplicitazione delle proprie interpretazioni soggettive, Pillitteri inscrive nel suo discorso un metatesto che dichiara apertamente ed eticamente il "punto di vista" da cui si guarda alle cose del mondo e alla comunicazione, evitando così di indurre nel proprio lettore l'illusione (tanto cara, una volta, a un settimanale di buona diffusione) di riportare "i fatti separati dalle opinioni".
(dalla Prefazione di Roberto C. Provenzano)

La fotografia. Che delle arti è, sarebbe, la sesta, e viene prima della settima, il cinema. Nel senso che nasce prima, molto prima. L'immagine. La sua riproduzione. La fotografia. E il cinema. La finzione, la falsificazione, la falsità. I simili, i facsimili. La fiction. Cinema e fotografia ‑ prima questa e poi quello, storicamente ‑ sono come un gioco di specchi. Ci ingannano nel momento stesso in cui ne cogliamo le rifrazioni.
Nel preciso istante nel quale riflettono noi stessi, sono lo specchio della vita. Eppure, da sempre, fotografia e cinema fondano la loro insostenibile fascinazione sul ribaltamento del canone veristico a scapito della veritĂ .
Non sembri, e non lo è, un gioco di parole. Nella misura in cui l'immagine del vero tramuta questo in un suo surrogato, fotografia e cinema si pongono al servizio di una verità altra, di comodo, funzionale al potere...
Quarta di copertina

L'autore presenta molti casi di falsificazione storica creati dalla fotografia e dalle trasposizioni cinematografiche dei fatti. "L'ho visto in una foto", "L'ha detto la Tv": frasi correnti basate sull'illusione che la fotografia ritragga il vero e usate perfino come prova o convalida della realtà.
Spesso la fotografia è una messa in scena o una messa in posa (l'espugnazione di Porta Pia nel 1870) o addirittura una finta istantanea (i fotogrammi con gli attori nei ruoli di Lenin e dei membri del Comitato centrale del Pcus nel film Ottobre sono fatti passare per quelli veri, lo stesso accadrà con le scene della scalinata de La corazzata Potëmkin). Con Lenin prima e Stalin poi, la finzione cinematografica prende il posto della verità. Altrettanto con Mussolini, vera e unica star del regime, che capì l'importanza del cinema come mezzo di propaganda, e realizzò Cinecittà, l'Istituto Luce, il Centro Sperimentale di Cinematografia.
A Praga, nel 1968, i tank di Brežnev schiacciarono la primavera ceca impersonata da Dubček, la cui foto fu subito cancellata.
La fiction Rai ha narrato un Moro ecumenico, dimenticando chi si batté per salvarlo, ha raccontato un De Gasperi liofilizzato, ha fatto di Gramsci un'immaginetta votiva. E ancora, i video del terrore di Al Qaeda, la foto simbolica dell'iraniana Neda, l'enigma dell'immagine della Sindone fotografata in negativo, l'inquietante Blade Runner dove l'immagine, il replicante, sfugge al suo creatore, in un mondo ossessionato dalla Tv onnipresente come il Grande Fratello di Orwell.

Echi di stampa
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