Chi non accetta il gerundio della vita, la sua rivoluzione, la sua linguistica, la sua procedura per integrazione è, in realtà, disarmato. Chi non accetta il profitto della vita e il suo capitale è, in realtà, disarmato. Chi pensa la vita e pratica l’ultimo tempo è, in realtà, disarmato. Chi non accetta il vento, il soffio, il respiro, i soli e le lune è, in realtà, disarmato. Chi accetta di confinarsi, di concentrarsi, di mettersi al riparo dalla parola è, in realtà, disarmato. Chi edifica la sua tana sul principio della paura e dell’invidia della vita è, in realtà, disarmato. Chi scende nella tenebra per cercare la sua scintilla è, in realtà, disarmato. Chi si butta nell’inferno pensando al paradiso è, in realtà, disarmato. Chi si mette nei panni degl’inquisitori e degli psicopompi e si rende loro complice, fustigandosi, torturandosi, è, in realtà, disarmato.
Chi pensa di avere perso o di perdere è, in realtà, disarmato. Chi si pensa fra l’avere e l’essere fra il volere avere e il volere essere è, in realtà, disarmato. Chi si affeziona alle cose e si abitua a se stesso è, in realtà, disarmato. Chi si appassiona o si rende paziente o penitente è, in realtà, disarmato. Chi teme l’avvenire o spera nell’avvenire è, in realtà, disarmato. Chi si pensa vincitore o vinto è, in realtà, disarmato. Chi si pensa sconfitto è, in realtà, disarmato. Chi si sente sistemato o cerca una sistemazione è proprio in rovina.
Parodiando Niccolò Machiavelli, è armato chi dimora nella parola, nella vita originaria. È armato chi, nel gerundio linguistico della vita, è sicuro dell’avvenire. È armato chi viaggia, con la sua domanda, fra miliardi di lune e miliardi di soli…