Estratto del libro
Intendevo salvare la mia vita con le parole.
Ritenevo che le parole salvassero la vita.
Ora non riesco a comprendere per quale confusione
o demenza
la vita io potessi salvare con le parole,
con le parole rimediare alla vita.
Forse morire e il tempo
le parole riescono a incepparli?
L'impotenza che mi assoggetta alle cose?
L'inconsistente rispecchiatrice evanescenza del pensiero?
Di quale demenza, di quale confusione
io m'ero fatto banditore
affidando la salvezza
(e che significa, mi chiedo, salvezza!)
della mia vita, non comprendo perché, alle parole?
Quarta di copertina
Dalla Prefazione di Mario Luzi: "Il proprio della singolare personalità di Antonio Saccà – che ho potuto verificare nello spazio di venti anni – è un'aderenza stretta, un vero corpo a corpo con i problemi del tempo e insieme un recupero di distanza e di prospettiva che si traduce in libertà e autonomia di visione e di stile: in essa prendono con naturalezza ad agire attitudini e proposizioni da antico, dico meglio, da eroe travagliato dal mai sopito combattimento tra conoscenza e esperienza e in qualche modo eletto a professarne e a cantarne la delusione fino al ludibrio. Un personaggio o forse una 'persona' del dramma che in Sicilia era di casa si riconosce allora, e quasi non ci sorprendiamo, nel volto e nell'accento di questo inquieto intellettuale siciliano che nessun adeguamento delle richieste ha mai placato e reso integrabile; di questo trageda che è anche il protagonista indifeso del suo dramma; di questo poeta insomma che si espone in carne ed ossa alla gogna della confessione in un casto ma sicuro presupposto di esemplarità, per una umile ma certa investitura a rappresentare, in modo brusco e primario, il disastro del pensiero moderno.
A rendere incandescente e insolitamente fresco tutto questo 'martyrion' c'è una qualità in più: è la naïveté dei moti del desiderio e del disinganno nell'amore come nelle cose civili. È una naïveté colta certo e sapiente nei suoi 'impromptu' ma pur sempre naïveté e collima in pieno con l'indole 'selvaggia' di Saccà. E non manca di confidarci la 'follia' tardiva della passione con quel tanto di sacro che un Alcmane o altro lirico della grecità vi avrebbe trovato".
Prefazione di Mario Luzi
Esercitazione sulla parola: Parola
I
II
III
La parola non muta, né il pensiero
Galassie, galassie chi vi numererà?
La cornice è conclusa
Quando
Gli avamposti bivaccano intorno a fuochi neri
Il sonno, il viso
La luna ripulita dalle nebbie
Avrei potuto ancora dell'amore (scrivere)
Eros e Thanatos
Siamo arrivati stanchi a questo amore
Dimmi
Forse
Hai la mano capace di carezze necessarie
Chi saluta sgomento o fa gli addii
Porta i calzari, gli unguenti
Era caduta notte sulla strada
Era passata
Un tempo le parole mi chiedevano la scrittura
Passa e non c'è
Strade attraversano strade e s'inoltrano ai cieli
Quando nell'al di là
Incubi comunisti
Mentre dormente
Contro la morte le piramidi
Quale che sia il pensiero
Vi fu un tempo in cui
Gira e rigira il tunnel
Solo la morte
Credi
Ormai son quarant'anni
Mi sono innamorato
Vorrei scrivere a te versi d'amore
Straparlo, farfuglio
Eri bella mentre il vento dell'intera notte
Cammino a filo di trapezio
Chi dietro la porta vide
Cantano i canti della chiesa presbite
Tredici volte il vento me l'ha detto
Il battelliere ci condusse al precipizio
Intendevo salvare la mia vita
Un giorno andremo
L'aereo ammutolì
La parola è l'aparola
Vanno i traguardi fin dove gli occhi oscillano
Quando ti guardi
Il duemila è già avvenuto e giace
Svolgere il volgimento che s'incunea
Poiché dietro la morte io potrei
A New York
Addio albe verdi
Postfazione di Giuliano Manacorda
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