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La parola (1976-1985)
Antonio Saccà
a cura di Mario Luzi
La parola (1976-1985)
Anno: 1986
Pagine: 96
Prezzo: € 7,75

Collana: Collana di poesia
ISBN: 8877701234

Estratto del libro
Intendevo salvare la mia vita con le parole.
Ritenevo che le parole salvassero la vita.
Ora non riesco a comprendere per quale confusione
o demenza
la vita io potessi salvare con le parole,
con le parole rimediare alla vita.
Forse morire e il tempo
le parole riescono a incepparli?
L'impotenza che mi assoggetta alle cose?
L'inconsistente rispecchiatrice evanescenza del pensiero?
Di quale demenza, di quale confusione
io m'ero fatto banditore
affidando la salvezza
(e che significa, mi chiedo, salvezza!)
della mia vita, non comprendo perché, alle parole?
Quarta di copertina
Dalla Prefazione di Mario Luzi: "Il proprio della singolare personalità di Antonio Saccà – che ho potuto verificare nello spazio di venti anni – è un'aderenza stretta, un vero corpo a corpo con i problemi del tempo e insieme un recupero di distanza e di prospettiva che si traduce in libertà e autonomia di visione e di stile: in essa prendono con naturalezza ad agire attitudini e proposizioni da antico, dico meglio, da eroe travagliato dal mai sopito combattimento tra conoscenza e esperienza e in qualche modo eletto a professarne e a cantarne la delusione fino al ludibrio. Un personaggio o forse una 'persona' del dramma che in Sicilia era di casa si riconosce allora, e quasi non ci sorprendiamo, nel volto e nell'accento di questo inquieto intellettuale siciliano che nessun adeguamento delle richieste ha mai placato e reso integrabile; di questo trageda che è anche il protagonista indifeso del suo dramma; di questo poeta insomma che si espone in carne ed ossa alla gogna della confessione in un casto ma sicuro presupposto di esemplarità, per una umile ma certa investitura a rappresentare, in modo brusco e primario, il disastro del pensiero moderno.
A rendere incandescente e insolitamente fresco tutto questo 'martyrion' c'è una qualità in più: è la naïveté dei moti del desiderio e del disinganno nell'amore come nelle cose civili. È una naïveté colta certo e sapiente nei suoi 'impromptu' ma pur sempre naïveté e collima in pieno con l'indole 'selvaggia' di Saccà. E non manca di confidarci la 'follia' tardiva della passione con quel tanto di sacro che un Alcmane o altro lirico della grecità vi avrebbe trovato".
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