Estratto del libro
Come [Canaletto] immobilizza quel che vede non è della realtà. La realtà non avrebbe mai potuto offrirci l'immobilità che noi cogliamo nei quadri di Canaletto. Quel che Canaletto compie è una convergenza, tra le più somme concettualmente, direi, della storia della pittura, fra l'attimo e l'eterno.
Canaletto ferma l'istante e gli conferisce eternità. Pare che la realtà sia stata tagliata e fissata una volta per tutte, ma, proprio perché fissata una volta per tutte, non è più realtà, non è più realistica. La realtà realistica non ha questa implacabilità, questa sottolinea tura maestosa e isolata, strappata all' accidentale pur vivendo di dettagli. Ma il dettaglio, lo dirò, in Canaletto è anch'esso fermato, posto in luce, strappato alla congerie degli altri dettagli, i quali, a loro volta, sono anch'essi precisati, abbagliati dallo sguardo di Canaletto e abbaglianti lo sguardo di chi guarda un quadro di Canaletto.
(Antonio Saccà, Canaletto)
Montevago intuisce un universo prima della sua costituzione definibile, in un certo senso coglie l'universo mentre sta originando. Perché questo bisogno di andare oltre l'apparenza delle forme consuete? [...] Conosco bene l'eliminazione della forma. Ma in Montevago non c'è l'eliminazione della forma, c'è l'originario del non formato, c'è un mondo prima che le forme apparissero.
Egli non va dall'immgine all'informale, egli piuttosto non concepisce la forma come la si vede in maniera consueta. È come se in lui esistesse esclusivamente magma, caos, disordine perfettamente consapevole e disciplinato senza però che ciò dia una forma consueta. Saper equilibrare il caotico è il punto estremo della sapienza pittorica di Montevago.
(Antonio Saccà, Montevago)
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