Una lettera aperta a Robespierre, per una valutazione senza arroganza ideologica, di destra o di sinistra, della rivoluzione francese. Estratto del libro
La Rivoluzione, dunque, due secoli dopo il suo scoppio non ha cessato di essere scottante.
Simulacro?
È bastato che, dopo la vittoria della sinistra del 1981, un imprudente citasse il tuo nome dalla tribuna in un congresso socialista – per altro sbagliando riferimento – perché tutta la stampa s'infiammasse, perché ogni socialista – pensa l'eccesso! – fosse presentato come un terrorista dell'anno II, pronto a fare cadere la "mano calda" sulle nuche della destra!
E non è stata cosa da poco nelle sconfitte della sinistra più tardi, nell'82-83-84 e nell'86.
Il tuo nome, Maximilien Robespierre, duecento anni dopo, è costato caro alla sinistra, perché la destra sa sempre farne un argomento di terrore.
E quando, nel 1984, centinaia di migliaia di manifestanti hanno invaso prima Versailles, poi Parigi – e molti venivano dall'ovest del paese – per difendere, come dicevano, la libertà d'insegnamento e, quando sfilavano con i loro deputati, con i loro preti e con i loro vescovi, credimi ancora, il ricordo della Vandea non era lontano.
In queste condizioni, come lasciarti dormire?
Quarta di copertina
"La Rivoluzione francese? È il primo genocidio ideologico.
Maximilien Robespierre? È Stalin o Hitler.
I soldati della Repubblica? Uguagliano in immaginazione sadica le SS o i khmer rossi.
I membri del Comitato di salute pubblica? Inventano il gulag.
Saint-Just? Con Robespierre è responsabile del... Terrore nucleare! Poiché l'uno e l'altro – una coppia omosessuale? – sono uomini di lettere falliti, che avviano una 'macchina del terrore' sempre in moto.
Insomma: la Rivoluzione, che ci ha rovinato, è un segmento pericolosamente canceroso della nostra storia. E celebrare il 14 luglio o la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino equivale a brindare con gli uccisori e a bere in loro compagnia un bicchiere di sangue umano.
Ecco che cosa si legge, che cosa si sente alla vigilia della commemorazione del bicentenario della Rivoluzione dell'89. E questo è soltanto un aspetto dell'arroganza ideologica dei nuovi moscardini, che vogliono fare trionfare su tutti i terreni un 'catechismo controrivoluzionario'. Le confutazioni dei loro discorsi sono rare e direttamente ispirate a vecchi ritornelli 'ultras', a tutti i vecchi temi dell'estrema destra.
Ma quel che è troppo è troppo. Anche se si ritiene che sovente un cattivo compromesso sia migliore di una buona rivoluzione, tacere e capitolare davanti agli avversari della democrazia non è mai stata la maniera migliore di difenderla. E i nuovi moscardini, sfigurando la Rivoluzione, vogliono fabbricarci un avvenire a misura propria.
Quel che è troppo è troppo. Nessuna coabitazione obbliga a tacere, quando i moscardini declamano. E questo non vale soltanto per la storia della Rivoluzione francese".
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