Estratto del libro
"Gli intellettuali sono colpevoli?" chiedeva Sartre in una Apologia famosa. E, se sì, qual è il loro crimine? Sono passati quindici anni. Non c'è più crimine. Non ci sono più processi. Gli intellettuali non vengono odiati, né vilipesi, né realmente fustigati come all'epoca dell'affaire Dreyfus, come a quella degli anni Trenta o a quella della guerra di Algeria. E bisogna constatare, anche se il loro narcisismo debba risentirne, che attraversano una crisi molle, velata, come soffocata.
Per fissare le idee, diciamo una disgrazia. Un discredito. Una squalificazione sorda, senza parole né veri motivi, che fa sì che la Francia che li ha inventati, portati alle stelle, trascinati nel fango, ma sempre con passione, per la prima volta non sa più che farne né che pensare di loro. Tacciono? essa ingiunge loro di parlare. Parlano? essa ingiunge loro di tacere. Tacciono di nuovo? – per lavorare per esempio? – essa vede nel loro silenzio un'insopportabile diserzione. Gli intellettuali hanno conosciuto epoche oscure. Hanno combattuto battaglie ben più drammatiche. Mai, tuttavia, avevano provato un simile senso d'irrealtà.
(Dal Prologo)
Quarta di copertina
Sono attaccato – occorre precisarlo – più di chiunque altro ai grandi valori classici dell'uomo europeo. Vi attingo sostanza e ragioni di essere, vi faccio provvista di ideale. E da troppo tempo vivo in intimità con i suoi libri per considerare, anche soltanto nel pensiero, l'ipotesi della loro scomparsa, dato che nella materia e, contrariamente alla felice convinzione degli antichi che credevano che le scienze e le arti fossero state molte volte dimenticate poi inventate, do per scontato che ci sono soltanto morti senza ricorso.
Semplicemente, ritengo ugualmente sicuro che la difesa e l'illustrazione di questi valori non graveranno mai sulle spalle di un chiericato inconsolabile, risolutamente non moderno e che grida in giro la sua vedovanza. Non credo alle virtù del riflusso. Non credo all'efficacia dei ripieghi nostalgici, accademici. E se questo libro si conclude su questa nota insolitamente ottimistica è perché, nell'affrontamento che presto contrapporrà l'intelligenza ai suoi surrogati, lo spirito alla sottocultura, niente mi sembrerebbe più rovinoso che bofonchiare senza combattere – e abbandonare a cattivi campioni i palchi dove ormai si gioca tutto.
In altri termini, l'epoca non sta in quella soave clandestinità dove alcuni ci invitano. Non siamo quei trogloditi, né quei cristiani delle catacombe, nemmeno quegli eletti che assaporano segretamente le ebbrezze di una conoscenza vomitata dall'epoca. Gaio sapere. Lumi condivisi. La stagione vi si presta. È tempo, ancora, di ingaggiare la battaglia in piena luce.
Prologo
I. Disagio nella cultura
- Confusione
- In principio era il Sartron
- Il dissolvimento dei chierici
II. Ridurre la parte di commedia
- Terrorismi
- Miseria dell'impegno
- La letteratura e il male
III. Un mondo senza intellettuali?
- L'onore dello spirito
- La democrazia e noi
- I compiti del pensiero
IV. Intellettuali del terzo tipo
- L'avvenire di un'illusione
- Non cedere sul pensiero
- Homo cathodicus
Epilogo
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