La celebrazione di una tradizione ormai scomparsa. Un canto alla fratellanza e alla riconciliazione
Il premio Nobel per la Pace Elie Wiesel celebra il hassidismo – movimento ebraico che predica la fratellanza e la riconciliazione – attraverso i suoi protagonisti.
Nasce così un libro fatto di storie, un canto ad una tradizione ora scomparsa sotto il materialismo e la crudeltà dei nostri tempi; un inno d'amore verso una corrente di pensiero nata tra le agitazioni settecentesche e che, nell'agitazione dei nostri tempi, risulta ancora attuale. Estratto del libro
Quel giorno il gran Rabbi Israel Baal Shem‑Tov, celebre per i suoi poteri su cielo e terra, tentò ancora una volta di forzare la mano al Creatore.
Ardeva d'impazienza, tanto che aveva già cercato a più riprese di porre fine alle prove dell'esilio; quella fu sul punto di riuscirci: dalla porta dischiusa sarebbe giunto il Messia a consolare i bambini e i vecchi che l'attendevano, che non attendevano altri che lui.
Quarta di copertina
Il hassidismo, movimento sorto nel Settecento fra il popolo ebraico disperso ai confini dell'Europa centrale e orientale, non ha costituito una dottrina né un'ideologia. È stato anzitutto un modo di essere, di vedere e di vivere. Al principio un visionario solitario: Israel Baal Shem‑Tov, il maestro del buon nome. Agli ebrei oppressi da secoli di persecuzione lancia un sorprendente appello alla gioia. E i suoi discepoli, il gran Maghid, Levi‑Itshak di Berdicĕv, Israel di Ružin o Rabbi Nahman di Bratslav, attraverso una strana rete di comunicazioni e di successioni, sorgeranno qua e là, susciteranno gli entusiasmi, animeranno le comunità.
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