Quarta di copertina
Questa raccolta, che attinge a una ormai più che trentennale operosità nel campo della poesia, è motivata da una duplice esigenza: quella di consentire che quanto vi è di significativo e di originale, maturato ai margini ma in consapevole simbiosi con i motivi e i linguaggi del secondo Novecento, venga alla portata di un più vasto pubblico; e quella di fornire ai cultori di poesia una lezione indicativa che stia oltre la moda degli artifizi verbali dell'autocompiacimento sterile o dell'insignificanza voluta, propri di questi ultimi tempi, e in nome di un auspicato recupero del problema "uomo", visto fra oggetti e realtà tristi e care che gli sono proprie. Si tratta comunque di un'operazione non proprio indolore, se ogni consuntivo implica la tentazione di assoluta fine, forse più che la giustificazione di una salutare pausa.
Scrive Mario Luzi nella Nota introduttiva: "Quella di Elio Giunta è una poesia che richiede, più di qualsiasi altra che io conosca, un segreta complicità del lettore. A tal punto, introflettendosi, si nasconde dietro le forme date o supposte e si adopera a logorarle da dentro, con stonature scaltre, con stecche ben calcolate; per ironia, per amertume, per scepsi nella validità del discorso che le aveva fin qui sostenute. E va detto che queste frizioni con la regolarità ideale producono talora effetti di alto stile...".
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