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Cabala del cavallo pegaseo
Giordano Bruno
a cura di Carlo Sini
Cabala del cavallo pegaseo
Anno: 1998
Pagine: 100
Prezzo: € 12,91
Dimensioni: cm 14,0x21,0
Legatura: brossura

Collana: Come pensare. Collana di filosofia diretta da Carlo Sini
ISBN: 9788877704948

Estratto del libro
La Cabala, entro la produzione di Bruno, riveste un luogo e un'importanza centrali, per lungo tempo ignorati o fraintesi dalla critica per il carattere apparentemente bizzarro o ironico del tema: l'apologia dell'asino, o cavallo pegaseo che – come si sa – è dire il medesimo. Poco giova, a questo proposito, richiamare la ricca letteratura sull'asino alla quale Bruno poté far riferimento: dall'Asino d'oro di Apuleio all'Encomium asini di Agrippa […], da Machiavelli a Teofilo Folengo e al Doni, cui è attribuito uno dei non pochi componimenti cinquecenteschi satiricamente concepiti in lode dell'orecchiuto animale. Non ostante il tono, il dialogo di Bruno riveste infatti intenti per nulla faceti, o superficialmente moralistici, e tocca invece il cuore della sua filosofia.
Ma ecco che qui cade subito la questione capitale: filosofia? fu Giordano Bruno un filosofo in senso stretto, o che altro fu? Non c'è dubbio per esempio che egli avversò, con l'aristotelismo, l'intera tradizione metafisica, alla quale contrappose un pensare non "pedantesco", non "scientifico" e non "logico" o "matematico". Balza agli occhi, nella Cabala, che nell'immagine dell'asino Bruno raffigura il nulla della teologia negativa, ciò che supera ogni pensare dialettico e discorsivo. È anche indubbio che questo tema collega strettamente Bruno con la tradizione neoplatonica, con lo Pseudo Dionigi o con il Cusano della "dotta ignoranza", così come l'"asinità" sposata a una superiore pazzia richiama Erasmo; ma tali argomenti sono ben lungi dall'esaurire e dal chiarire la portata del discorso bruniano. Il quale discorso è assai meglio comprensibile se riportato a idee e a intenti propri di un grande riformatore religioso, come in effetti Bruno almeno potenzialmente fu. […]
Ma la questione essenziale che proprio la lettura della Cabala solleva riguarda il posto del pensiero e dell'interpretazione (nonché il loro legame col segno). Da questo punto di vista "liquidare" Bruno storiograficamente appare del tutto insufficiente quando non insensato. Che può dire di veramente "sensato" lo sguardo storico a proposito di Bruno? Come dimenticare, o ignorare, che lo sguardo storico deve proprio a Bruno, filosofo della molteplicità e relatività infinita di ogni punto di vista veritativo e "cosmico", il fondamento essenziale del suo stesso statuto concettuale? È con Bruno che la verità si è posta in un movimento commutativo il cui risultato destinale doveva essere appunto l'emergere dello sguardo e della coscienza "storici". Come può ora tale sguardo pretendere di comprender davvero, e insieme di delimitare, il senso dell'esperienza bruniana? Come può farlo senza trasmutare profondamente anche se stesso, senza accettare il rischio di un interpretare che si sa in‑fondato e che in questa mancanza di fondamento deve nondimeno cercare il proprio senso veritativo?
Noi viviamo di fatto in un'epoca "bruniana", in cui le certezze metafisiche e le verità dogmatiche della scienza sono giunte all'occaso, un'epoca in cui "non più la luna è cielo a noi che noi alla luna". Un'epoca che non può fare a meno di spaziare lo sguardo in un passato infinitamente remoto ed enigmatico nonché di fare i conti con un universo a sua volta infinito e proprio per ciò, come disse Nietzsche, spaventoso, abbrividente ma anche carico di forza attrattiva.
(Dalla Presentazione di Carlo Sini)


Quarta di copertina
Quale destino si è compiuto in Bruno? È forse strano che il segreto di quel destino cominci a rivelarsi oggi, all’inizio del terzo millennio? Se in Bruno è ravvisata la stella polare e insieme lo zenit del pensiero cosmologico europeo, il perno di un'immensa arcata che congiunge le antiche cosmologie della protostoria egiziana e caldaica con la rivoluzione copernicana e, infine, con l'odierno vagare e anzi precipitare nel nulla – come diceva Nietzsche – della terra e dell'uomo nichilisticamente atteggiato, il "ritorno di Bruno" (nella storiografia e ancor più – come dovrebbe essere – nella riflessione pensante) non è per nulla strano. L'"ermetico" Bruno ci aiuta allora a ritrovare, sotto la tradizione irrigidita e appiattita dei nostri segni e del nostro linguaggio, la traccia di simboli (come in questa ironica e profonda "cabala" del celeste cavallo alato che è insieme il carnale asino della terrestre saggezza), l'eco e anzi l'"ombra", come Bruno stesso direbbe, di parole che accolgono il nulla entro il sapere: nulla del sapere e sapere del nulla, perché il sapere torni alla vita, e la vita alla fonte della sua possibilità infinita.
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