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La rivista
 
Il successo della fobia. Studi sul discorso ossessivo
Zoom della copertina
Il successo della fobia. Studi sul discorso ossessivo
gennaio 1982
n°4
€ 12,91


Estratto

Pensando la vita come un continuo mutare della materia mantenendone fissa la forma, gli umani si considerano caduchi di fronte all'eternità della specie e instaurano l'economia della morte.
Se il desiderio è pensato come dolore derivato dalla mancanza la felicità consisterebbe nell'appagamento. Già Schopenhauer notava che la meta è solo apparente: il possesso disperde l'attrazione e in nuova forma il desiderio si ripresenta come dolore.
Situato il dolore nel posto della mancanza gli sforzi per bandirlo servono solo a confermarlo nelle varianti dalla passione alla gelosia e all'invidia, dalla paura alla fobia, dalla noia alla malinconia. Fino alla morte.
Ecco la prigione della nevrosi ossessiva, che non si duole dell'ineluttabilità della morte ma dell'accidentalità delle circostanze. Il dolore è un pungolo, la ricerca della sua misura è la misura del destino, che pone una distanza dal punto in favore dell'idea platonica di felicità, intesa come padronanza di sé per fare ciò che si desidera. Misura del grado della leggerezza d'animo (eukolia la chiama Platone), una qualità stabile a scapito dell'aleatorietà dell'illusione. L'illusione è per il discorso ossessivo un'anticipazione dell'avvenire perché esso la considera un prestito dell'avvenire.
Freud qualifica quello che Schopenhauer chiama dolore lavoro del lutto in relazione a un punto. Se il punto è inteso come luogo di concentrazione, da riempire o di cui riempirsi nell'ipotesi della pienezza o della completezza, la mobilità di esso è presa a dimostrazione dell'ontologia della mancanza, una sorta di macchina dell'alternanza, tra gioia e dolore. E l'angoscia riempie il vuoto che il parlante incontra per il movimento del punto, una volta ipostatizzato il punto fisso. L'angoscia è un impedimento alla possibile chiusura della scissura. Sorge nell'ipotesi dell'unità ma a salvaguardia della sua realizzazione. Sta qui il punto di caduta da cui l'isteria trae spunto per dire di scivolare sempre più in basso immaginando che esista un apice del godimento comunque mai raggiunto perché è supposto sempre più in alto. E la Versagung si traduce in caduta.

Quarta di copertina

In quanto l'altra faccia dell'amore, la fobia viene privilegiata da ogni regime perché la cosa si faccia umana per diventare pubblica. In quanto l'altra faccia del nome, il terrore dispone la repubblica nel suo divinismo dell'ora ultima. Tucidide dice che sulla mutualità della fobia si basa la certezza dell'alleanza nonché la sua sacralità. La fobia nutre fiducia verso l'oggetto mentre la fedeltà lo feticizza nella sua prossimità presunta senza lontananza.
La fobia viene evinta dalla condensazione tanto da sembrare a volte una risorsa straordinaria di umorismo. Il suo successo sta nello scacco della mediazione dell'impertinente che presume d'istituire. La fobia privilegia il pericolo per goderne e come via del godimento nella sicurezza che il mostro non ha dissipato la causa. Una figura dell'impertinente il mostro anziché il segno della sua eliminazione.
La fobia limita il nome per farne il paradigma dell'araldica e divide l'oggetto e la causa per una metafisica tanto impegnata quanto da burla. Fa e rifà il suo giro sull'impossibilità di vedere la voce, posta così in rilievo. La struttura della fobia induce la causa di godimento mentre il senso di colpa cerca giustificazione nella fobia senza trovarla. La fobia non ama propriamente l'oggetto ma la sua lontananza che possa custodirlo anche nella prossimità ma mai vicino. Ha forse qualche possibilità di successo l'eroismo quale forma di gestione della fobia da parte del moderno?