Estratto del libro
Rivoluzionari in azione? Perché no? Molti di noi sono stati rivoluzionari e si dichiarano pronti a diventarlo ancora. Dottrinari? Nella dottrina alcuni si inoltrano e si cimentano. Cronisti? È il nostro mestiere. Ma anche e sopra tutto testimoni. Sempre impegnati e appassionati all'impegno assunto, ma pur sempre testimoni in una distanza che pur separando accosti il culturale al politico: è questa la nostra ispirazione. Infatti il politico – nel cui ambito i mezzi vengono subito scambiati per fini e ci si preoccupa soltanto di aumentare il numero dei militanti di un partito – è un luogo in cui non riusciremo mai a essere veramente presenti. Forse pecchiamo per eccesso, perché comunque le mani bisogna sporcarsele. Il nostro però non è puritanesimo ma estetismo: più di ogni altra cosa ci infastidiscono il militantismo devoto e l'elettoralismo zelante. Per ora, del resto, si tratta non tanto di che cosa siamo stati quanto di che cosa volevamo essere.
Quarta di copertina
Ho cercato di capire e di far capire. Definizione di testimone. E a volte mi sono concesso di non "seguire" o addirittura di condannare e immancabilmente ho suscitato l'impazienza di chi mi aveva associato alla sua causa. Durante la guerra d'Algeria che oggi non è occasione di accuse nei miei confronti avevo invece tanti contestatori che vedevano in me un eccessivo compiacimento nel trovarmi così combattuto e troppa comprensione per l'avversario. Ma con il passare del tempo il ricordo di quella debolezza si è temprato. Il giornalista – quale io sono – ha aderito all'evoluzione degli avvenimenti e delle idee. E questa evoluzione non ha più lo stesso senso per ciascuno di coloro che un tempo si raccoglievano attorno a poche idee grandi e chiare di una verità per la giustizia. Sta qui il dramma della nostra generazione. Ma anche un'ulteriore chiarificazione intorno alle "delusioni" che suscitano gli uomini come me. Evoluzione, dunque? Valga a riassumerla un'unica importante constatazione: la disastrosa esperienza degli ultimi trent'anni c'induce a capire tutte le rivolte ma a non confidare in nessuna rivoluzione. Cosa gravissima. Cosa gravida di conseguenze. E le assumo per quanto mi riguarda ben sapendo che in questo non ho il diritto di coinvolgere altri che me. Quasi una precauzione che sono stato man mano indotto a scegliere nei miei editoriali per "Le Nouvel Observateur". Di fatto la mia audacia – se ce n'è ancora traccia – consiste soltanto nel formulare su un giornale cose che ciascuno a volte si rimprovera di pensare.
A corollario di questa constatazione dirò che una volta mi rassegnavo appena al fatto che il fine giustificasse i mezzi ma oggi sono deciso a non accettarlo a nessuna condizione e con nessun pretesto.
(Jean Daniel)
Prefazione all'edizione italiana
I. Il tempo del barocco
II. Luci dalla piazza
III. Turbolenza
IV. Terra promessa a tutti
V. Gli enigmi di un superuomo innamorato
VI. L'alleanza e il conflitto (1)
VII. L'alleanza e il conflitto (2)
VIII. Equinozio di settembre
IX. Che fare della storia?
Appendice
- Al rogo i giornalisti?
- Lettera a un socialista arrabbiato
- L'alba dei dissenzienti
- Chi è mai quell'arabo?
- Uno strano ritorno a Camus
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