Estratto del libro
La storia dell'uomo che lavora è una storia recentissima, non soltanto rispetto a tutta la storia – quella della terra o, addirittura, a quella del cosmo – ma anche rispetto alla storia dell'uomo stesso. Quest'ultima, secondo gli antropologi, risale a milioni di anni fa, mentre la storia dell'uomo che lavora risale, sostanzialmente, al neolitico – neppure al paleolitico –, quindi a cinque o sei milioni di anni or sono: poche migliaia di anni, rispetto ai milioni di anni, alle centinaia di milioni di anni che rappresentano la storia del cosmo. Se paragoniamo la lunghezza di questa storia a una grande enciclopedia in moltissimi volumi, la vita compare soltanto nell'ultima pagina e l'uomo – in particolare l'uomo che lavora – compare nelle ultimissime righe: nelle ultime parole dell'ultima pagina di questa enorme enciclopedia [...].
L'evoluzione che porta all'organizzazione del lavoro si accompagna e si lega strettamente all'evoluzione che porta al tipo umano di organizzazione sociale, che si complica, con tanti svantaggi, ma riesce anche a fare fronte sempre meglio all'imprevedibile, a situazioni che, addirittura, non si sono mai verificate, ma che sono conseguenza della stessa organizzazione umana: come fa la stessa progettazione.
[...] Negli uomini, il gioco nasce da questa situazione di rapporti complicati, in cui ognuno progetta per sé; a volte progetta anche per altri, ma non sa mai bene, data tanta varietà, come gli altri reagiranno.
Così, la nostra progettazione deve continuamente adattarsi alla risposta degli altri, che dipende da ciò che stanno progettando – cosa comunissima nella vita sociale. Quello che fa un commerciante dipende da ciò che fanno gli altri commercianti dello stesso ramo e di altri rami: egli deve progettare il futuro della sua azienda, prevedendo quello che faranno gli altri, prevedendo lo genericamente. Non può prevederlo precisamente perché, a loro volta, gli altri prevedono quello che fa lui e quello che fanno, in genere, i commercianti di quel ramo o di rami che, comunque, influiscano su quel tipo di commercio.
Quarta di copertina
Due giornate di dibattito intorno a Gioco e lavoro. Sono state un gioco? Sono state un lavoro? Impossibile rispondere.
Questa impossibilità è anche la tesi che il relatore ha sostenuto in quelle giornate: gioco e lavoro si fondono nel concetto di attività che realizza la persona. Un ideale senza dubbio difficile, ma da tenere per lo meno presente nelle scelte sia dei propri giochi sia del proprio lavoro.
È un ideale "eudemonistico", ossia di felicità, non certo edonistico né utilitaristico. L'utile è cercato in vista di altro: gioco e lavoro devono svolgersi per una "soddisfazione" propria che, però, non si riduce al piacere, perché spesso, anzi, ciò che dà più soddisfazione costa fatica e dolore.
In questo progetto vi è l'aspetto importante del "secondo rinascimento", cui, direttamente o indirettamente, si riferiscono anche gli altri brevi scritti – più o meno scherzosi – raccolti in questo volume.
Gioco e lavoro
- La speculazione: gioco e lavoro
- Lo specchio
- L'arbitrio e il lavoro
- L'arbitrio e il tempo
- Il gioco è a somma zero?
- Libero il soggetto o libera la parola?
- Che dire del godimento?
- Regole del gioco, regole per potere giocare
- Il falso scopo
- Gioco e combattimento
- Vivere non necesse
- Il ritmo
- Il capriccio
- Effetti e cause del gioco
- Gaudium, piacere, dovere
- Assiomi e postulati
- Gaudium e appagamento
- Public relation
- Gioco e automatismo
- Entropia e megaentropia
- Retribuzione e remunerazione: la simmetria nel gioco e nel lavoro
- Da Alice nel paese delle meraviglie
- Realtà e verità
- La scommessa
- Lavoro e gioco escludono il ruolo di vittima?
Utopia e evasione nel futuro
- La pretesa del futuro assoluto
- La fallacia
- Constatazioni
Individualità personale e cultura
Tecnica, industria e cultura
"Una voce poco fa"
Storia di un amore infelice
Destra senza potere, sinistra senza cultura
Più che razzismo giacobinismo
Intorno al denaro
Filosofia del denaro
La dote intellettuale
Timori di Palazzo
Quale accusa?
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