Estratto del libro
Cari lettori, questa non è un'introduzione ottimistica, di uno che finge di non vedere i guai, come se bisognasse stamparsi sulla faccia un sorriso per ordine del medico dell'economia, mentendo a se stessi. Ovvio. Non bisogna dire bugie: stiamo vivendo un momento pericoloso ed epocale, e c'è poco da stare allegri. Però la speranza non è solo un dovere morale, ma è una medicina realistica, dà energie, ci impedisce di scivolare nel fatalismo.
Lasciate che vi spieghi, pacatamente, senza occultare le mie preoccupazioni, perché. Anche il Fondo monetario internazionale recentemente ha dovuto dichiarare che i titoli tossici sono introvabili, nascosti come sono nelle pieghe dei bilanci delle banche e negli investimenti dei risparmiatori. È il motivo per cui il piano Paulson, la grande iniziativa di politica economica presa negli Stati Uniti che avrebbe dovuto sgonfiare gli effetti devastanti della bolla, è stato ristrutturato. Ricordo com'era stata impostata la manovra. Il ministro del Tesoro Hank Paulson voleva acquistare i titoli tossici dalle banche. Ingenuità. Ignoranza della questione. Dilettantismo. Il problema è che neppure le banche sanno distinguere la gramigna dal grano, e allora l'amministrazione Bush è passata a una iniziativa analoga a quelle messe in campo dai governi europei: una ricapitalizzazione, che va ad abbassare il rapporto fra leva e patrimonio degli istituti di credito.
Non voglio confondervi con i tecnicismi, ma lasciate anzitutto che chiarisca che definisco i titoli "tossici" eufemisticamente: ci sono funghi velenosi, ma non è colpa loro, sono un fatto di natura. Invece questi titoli tossici sono un fatto anche di malavitosità, sono un veleno iniettato nel sistema. Si tratta di strumenti finanziari vecchi in taluni casi di vent'anni, infiorettati e rimpacchettati di volta in volta perché paressero appetibili, ma indiscutibilmente frutto di un'ideologia nefasta. Non mi riferisco, come fanno altri osservatori, al "liberismo" o financo al" capitalismo". Queste sono bestialità da osteria o da salotto chic, fate voi. Si tratta di tutt' altro. Qui il capitalismo proprio non c'entra nulla. Il capitalismo infatti o è etica o non è.
Questa ideologia che ha partorito i titoli avvelenati è un impasto del cinismo di alcuni banchieri e finanzieri che hanno inteso la ricchezza come un' accumulazione di castelli di carta. Si è passati dal capitale fatto – parola di Karl Marx, molto e giustamente materialista – di "cose", di valori d'uso, all'idea di un capitale da costruirsi virtualmente in un mondo parallelo. Un mondo virtuale di cui questi geni fasulli erano gli unici detentori delle chiavi, un paese dei balocchi dove tutti potessero, obbedendo a questi omini di burro, godere del bengodi, della ricchezza senza limiti e senza bisogno di lavorare...
Quarta di copertina
Stiamo vivendo un momento epocale e pericoloso. Ma la speranza non è solo un dovere morale, ma è una medicina realistica, dà energie, ci impedisce di scivolare nel fatalismo.
L'ideologia che ha partorito i titoli avvelenati è un impasto del cinismo di alcuni banchieri e finanzieri che hanno inteso la ricchezza come un'accumulazione di castelli di carta.
Ci sono funghi velenosi, ma non è colpa loro, sono un fatto di natura. Invece i titoli tossici sono un fatto anche di malavitosità, sono un veleno iniettato nel sistema. Si tratta di strumenti finanziari vecchi in taluni casi di vent'anni, infiorettati e rimpacchettati di volta in volta perché paressero appetibili, ma indiscutibilmente frutto di un'ideologia nefasta. Non mi riferisco al "liberismo" o financo al "capitalismo". Si tratta di tutt'altro. Qui il capitalismo proprio non c'entra. Il capitalismo o è etica o non è. (Giampiero Cantoni)
Prima parte – La strada per la speranza realistica. Cosa fare dei nostri risparmi
Globalizzazione e sussidiarietà
Gli errori di Greenspan
L'etica e la cultura
Le banche italiane
Che cosa aspettarci, dove mettere i risparmi
Seconda parte – La bolla vola con Alitalia.
Il vero imperativo è l'ottimismo
Con Malpensa in serie B, Italia in serie C
Costituzione, sessant'anni che pesano tutti
Borsa al palo, perché tassare le rendite
Spesa e tasse, attenti a quelle due
Nomine, la moratoria è d'obbligo
Alitalia vada, Malpensa resti
Come uscire dai morsi di Visco
Idee realistiche e libri dei sogni
Veltroni, Ichino e l'articolo 18
Cultura liberal e voglia di boom
Non c'è mercato senza l'uomo
Ma re dollaro riavrà il trono
Cina pericolosa ma necessaria
Lo tsunami si può ancora fermare
Alitalia? Che vada ai sindacati
Tagliare le tasse sulla casa
Sindacati, aggiornatevi per favore
Ma sull'America Monti si sbaglia
Se c'è ottimismo possiamo farcela
Più innovazione per la crescita
Brunetta dà battaglia ai fannulloni
Il clandestino falsa il mercato
Fisco, priorità condivisa
Nuovi contratti e vecchi schemi
Via alle vere liberalizzazioni
Stati Uniti, etica e maxiretate
Crisi dei mercati: che fare?
Salvare e punire
Scuola pubblica, ma ad armi pari
Investire bene? Nell'educazione
L'idea in comune con Linda Lanzillotta
Questo welfare? Sì, è di sinistra
Alitalia privata ma con Malpensa
Viva l'ottimismo dei protagonisti
Ora per Alitalia c'è un futuro
A scuola torna il buonsenso
Tutti pagheremo Fannie e Freddie
L e colf sognano di essere piloti
Più regole negli Usa ma in Italia no
UniCredit paga la sua libertà
Quando è l'Italia che dà la linea
Fabbrica chiusa non inquina
Piazza, dialogo e responsabilità
La scuola paritaria non‑merita tagli
Fisco e consumi, dilemmi di tutti
G20, tante parole aspettando i fatti
Obama sbaglia a pagare Detroit
Tremonti keynesiano ma non troppo
Terza parte – Protagonisti nuovi
Le sfide e le scommesse di Emma Marcegaglia. Lettera aperta
("Civiltà del Lavoro", 21 aprile 2008)
Primo. Non rincorrere il tuo predecessore
Secondo. Non essere autoreferenziale
Terzo. Accetta il pluralismo
Quarto. Rispetta la politica
Quinto. Difendi il mercato
Sesto. Accetta le sfide della finanza
Settimo. Non appiattirti sul sindacato
Ottavo. Scommetti sui giovani
Nono. Combatti per il Sud
Decimo. Non pensare al dopo
I 25 nuovi Cavalieri del Lavoro e della speranza, innamorati dell'economia reale
("Civiltà del Lavoro", 29 settembre 2008)
Virtuosi e non virtuali
L'equivoco superato
Familiare, per fortuna
Delocalizzare? Basta così
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