Estratto del libro
Nell' opera di Leopardi [...] non c'è posto solo per i “pastori erranti”, i cantori della vergine luna e i preti del nulla. La sua riflessione sulla conoscenza umana, mai “totalitaria”, è anche una lezione sull'umiltà dell'uomo nato di madre, comunque messo nelle condizioni “ch'egli trovasse delle verità reali in quelle opinioni e in quei giudizi che formano e servono di base alla vita umana” (Zib., 413-414; 9-15 dic.1820). Né l'uomo, che lo stesso Leopardi sa in queste condizioni, può sempre "rimirare da lungi”, “a suo modo”, le cose del mondo, rinunciando a una “verità” per “tradotta” che sia “in termini incolori”. I colori del mondo, soprattutto di un mondo che rimane sempre “più vasto” di quello “conosciuto”, sono affascinanti, ma non si può vivere solo di essi. La ragione delle moderne scienze della natura sta tutta qui; ed è proprio Leopardi, con la più rigorosa critica di esse, a farcela comprendere.
Quarta di copertina
È difficile immaginare, nella nuova stagione critica in cui lo si legge, che il poeta Leopardi possa comprendersi senza la valutazione che egli fa delle moderne scienze della natura. Almeno fino al 1815, l’anno del Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, Leopardi mostra di avere una profonda fiducia nella “verità” e nell’“esattezza” di queste scienze. Questa fiducia cade, almeno a cominciare dal 1818, l'anno del Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Intanto, Leopardi, ha cominciato a stendere lo Zibaldone (1817). Attraverso le pagine di questo, è possibile seguire la critica di quelle scienze, i cui titolari, secondo Leopardi, costituiscono la “repubblica scientifica” europea, responsabile di avere offerto un “sistema semplicizzato e uniformato” del mondo. A questo sistema, contrappone il “sistema del bello”, cioè un mondo che può dirsi non con i “concetti” della scienza, ma con le “immagini” della poesia. Si tratta di una grande avventura dello spirito, che oggi si può percorrere alla luce del destino, sul quale riflette anche Nietzsche, della “visione del mondo” meccanicistica, senza dubbio in crisi profonda quando si mette in questione la “verità” in ogni proposizione scientifica. Tuttavia, non manca, nello stesso Leopardi, l'avvertimento del bisogno pratico di credere in questa “verità”. E il poeta? Il poeta si pone le grandi domande sull’“esistenza universale” che lo scienziato rischia di escludere o esclude di fatto dalla sua ricerca. Ma resta da vedere se l’uomo, anche l’uomo di Leopardi, possa vivere unicamente di queste domande, per di più lasciate senza risposta, oggi così care ai nullisti, ludici o tragici che si vogliano.
Prefazione
Introduzione
I. L'idea leopardiana di scienza nella Storia dell'astronomia (1813), tra le Dissertazioni filosofiche (1811-1812) e il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815)
II. L “ultrafilosofia” come poesia. Contro il “dominio dell'intelletto”, per la “libertà d'imaginare”
III. La crisi delle moderne scienze della natura nello Zibaldone
- La natura dello scienziato moderno e la natura del poeta - Lo “scetticismo ragionato” e la storicizzazione delle moderne scienze della natura - Il “sistema della natura” dello scienziato e il “sistema del bello” di Leopardi - Fuori dalla “repubblica scientifica”, per ridonare al mondo il fascino che in essa ha perduto
IV. La poesia e l'audacia della conoscenza umana
- L'impossibile conoscenza umana del “gran tutto” o di Dio - Il naufragio gnoseologico e ontologico nel “gran mar dell'essere” Echi di stampa
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25/09/2005 - L'Indipendente
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07/05/2005 - onquiste del Lavoro
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03/05/2005 - L'Indipendente
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01/05/2005 - La Provincia di Cremona
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01/05/2005
Quotidiano a tiratura nazionale - Il Sole 24 ORE
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30/04/2005 - l Secolo d'Italia
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30/04/2005 - La Gazzetta del Mezzogiorno
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30/04/2005 - Il Tempo
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30/04/2005
Quotidiano a tiratura nazionale - l Corriere della Sera
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