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La rivista
 
La paranoia, l'antropologismo. Studi sul discorso paranoico
Zoom della copertina
La paranoia, l'antropologismo. Studi sul discorso paranoico
gennaio 1980
n°1
184 pagine, € 12,91


Estratto

Al di là di ogni ulteriore designazione ci sembra che, nel quotidiano universo di discorso, paranoia intenda definire una condizione umana radicalmente estraniata da quello che è il "normale" ordinamento di valori. La quotidianità linguistica sottopone la nozione di paranoia – intesa, qui, ovviamente come strumento di comunicazione infrascientifica – a una radicale "depravazione" semantica livellandola nei suoi significati e considerandola mera espressione (più o meno lacerata) di un'antinorma. Così le "etichette" "paranoia" e "paranoico" finiscono per designare quel che è, o sembra essere, fuori da una norma psichica astrattamente ipotecata e tematizzata dall'ideologia dominante. In questa manichea articolazione del reale può essere "etichettato" come "paranoico" – nell'universo di discorso quotidiano e comune – chi, ferocemente attaccato a un'idea raggrumata e assolutizzata, esaurisca in essa ogni progettazione esistenziale ma anche chi, luminosamente ancorato a un orizzonte ideale di valori, sacrifichi ogni possibile distrazione in senso pascaliano e si
consegni fino in fondo agli abissi redenzionali della sofferenza e della donazione di senso.
Così contestualizzata, una parola chiave - come questa che è tematizzata dalla paranoia – ha in sé una funzione sociolinguistica che sbanda e oscilla vertiginosamente nella sua catalogazione e nella sua denominazione. In tal senso può essere indifferentemente risucchiata nell'area semantica della paranoia – del linguaggio comune – una forma di vita come quella di Adolf Hitler, o come quella kleistiana di Michael Kohlhaas, o come quella, agghiacciante nella sua incandescenza luminosa, di Giovanna d'Arco. L'indeterminatezza radicale e lo slittamento semantico dei concetti di "paranoia" e di "paranoico" sono qui evidenti nella loro emblematica contraddittorietà.
L'utilizzazione strumentale e la rifunzionalizzazione di queste nozioni confermano le molteplici strategie di stravolgimento di cui si serve il linguaggio radicale e banale della quotidianità e testimoniano della contaminazione assiologica e della confusione epistemologica nelle quali s'inaridisce il comune universo di discorso, inesorabilmente livellante e discriminante.
Oltrepassando questo livello interpretativo, e uscendo fuori da questo quotidiano universo di discorso, cerchiamo di cogliere le originarie fondazioni cliniche della paranoia.

Quarta di copertina

La paranoia, come dimostra il delirio di Schreber, rappresenta lo scacco del tentativo di fondare la palingenesi sulla parola d'ordine dell'homo sexualis: "cherchez la femme". I contributi qui raccolti propongono una lettura del discorso paranoico che coglie la portata del delirio schreberiano, proprio in quel che la psichiatria ha negato: la troppo poco (u)omosessualità. La figura geometrica prediletta dalla paranoia è il cerchio, dall'isteria l'angolo, dalla nevrosi ossessiva la retta, dalla schizofrenia le parallele fino al funambulismo. Se la lettura di Schreber è accompagnata da un'articolazione che passa anche attraverso la logica matematica, occorre notare come nel caso della paranoia la matematica abbia un primato indiscutibile, è posta come scienza della scienza in nome dell'ineffabile. L'elaborazione nosologica incontra sul cammino stesso della clinica psicanalitica la logica matematica, come questione che ripropone i termini della questione isterica. Questo vale anche a sottolineare la vicinanza tra il discorso analitico e la logica matematica, relativa all'introduzione della verità nel discorso scientifico.